RASSEGNA STAMPA – E’ RISAPUTO CHE “GRAN CONSIGLIERE” DI GIUSEPPE CONTE E’ IL DIRETTORE DE “IL FATTO QUOTIDIANO”

MARCO TRAVAGLIO. IL FLOP TRAUMATICO DEL VOTO EUROPEO HA SCOSSO ANCHE LUI E TENTA DI ALLONTANARE DA SE’ OGNI RESPONSABILITA’ ADDEBITANDO A CONTE ERRORI DI VALUTAZIONE E UN DEFICIT DI RAPPRESENTANZA POLITICA, AVENDO APPLICATO LA REGOLA DEL “TERZO MANDATO” CHE, DI FATTO, HA TAGLIATO FUORI DALLA LOTTA POLITICA QUELLA RAPPRESENTANZA FORMATASI IN DUE LEGISLATURE E DIVENTATA RICONOSCIBILE AI MEDIA E ALL’OPINIONE PUBBLICA. SE NON SI CORRE AI RIPARI IL M5S RISCHIA DI SFARINARSI E SCIOGLIERSI O TRASMIGRARE ALTROVE. CONTE POTREBBE TATTICAMENTE DIMETTERSI PER APRIRE UN DIBATTITO INTERNO E RIPOSIZIONARSI CON I CORRETTIVI NECESSARI.

1. EUROPEE, TRAVAGLIO A LA7: “CONTE È IL PRIMO GRANDE SCONFITTO. ORA IL M5S DEVE DECIDERE SE SCIOGLIERSI OPPURE SE HA SPERANZE PER IL FUTURO”

Estratto da www.ilfattoquotidiano.it

“Conte è il primo grande sconfitto di queste elezioni, ma credo che l’ultimo dei suoi problemi sia il rapporto con Elly Schlein , anche perché più il M5s si avvicina a Schlein, più perdono voti: primum vivere oppure decidere se morire. Quante volte abbiamo parlato della morte dei 5 Stelle? Ma prima o poi succederà, Grillo lo aveva definito un movimento biodegradabile”. Così a Otto e mezzo (La7) il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio risponde alla conduttrice Lilli Gruber, che gli chiede cosa farà adesso il leader del M5s, Giuseppe Conte, alla luce del deludente risultato raggiunto dal Movimento alle elezioni europee […]. “Non sto dando affatto per morti i 5 Stelle – precisa Travaglio – ma dico che sulla base delle loro analisi devono decidere loro se è venuto il momento di sciogliersi e di farla finita con una eutanasia oppure se hanno speranze per il futuro. È una partita aperta […]“. E aggiunge: “Certamente non li ha aiutati l’astensionismo, certamente le loro regole troppo rigide li costringono a presentare continuamente liste di sconosciuti. Un’altra regola che io difendo ha imposto a Conte di non candidarsi: evidentemente ora staremmo raccontando un risultato diverso se le liste fossero state sormontate da Conte. Credo che alla sua lista avrebbe portato forse più voti di quelli che ha portato la Meloni, perché in questo momento […]  il Movimento si identifica in Conte. Ricordo che il M5s era morto […].  […]”. “E quindi cosa deve fare Conte?”, chiede Gruber. “Adesso i 5 Stelle devono decidere se esistere – ribadisce il direttore del Fatto – se il leader continuerà a essere Conte, cioè se Conte avrà ancora voglia di fare tanti sforzi per raccogliere così pochi risultati o se sarà un altro, se devono cambiare le regole e quali. Credo che dovranno avviare una grossa riflessione interna e non penso che faranno finta di niente“.

2. VINCITORI ,VINTI E FINTI

“Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per “il Fatto quotidiano”

[…] 5 Stelle. Precipitati alla percentuale Lidl del 9,99, sono i veri sconfitti. Le cause sono arcinote e, altro paradosso, figlie più dei loro meriti che dei loro difetti. Hanno fatto un sacco di cose buone nei governi Conte-1 e Conte-2, tant’è che Draghi (col loro consenso, o sindrome di Stoccolma) e Meloni hanno passato il tempo a demolirle, seminando frustrazione e rassegnazione fra i loro elettori. E sono prigionieri di regole rigide ben oltre l’autolesionismo, come la scelta di gran parte dei candidati affidata agli iscritti e il limite di due mandati. Gli sconosciuti scelti dagli iscritti, appena cominciano a farsi conoscere, scadono e devono sparire. Ma le liste di sconosciuti (tranne Tridico e pochi altri, che infatti vanno bene) non attirano voti e non smuovono astenuti, specie se gli unici elettori interessati sono quelli di opinione che non vendono o scambiano il voto. Se poi l’unico valore aggiunto rimasto, cioè Conte, non può e non vuole candidarsi per finta mentre gli altri lo fanno senza pagare pegno, anzi guadagnandoci, è dura restare a galla. Tanto più se il 51% degli elettori italiani ( il 57al Sud e il 63 nelle isole), quelli non cammellati, restano a casa.  II resto l’ha fatto la bipolarizzazione fittizia Meloni-Schlein imposta dai media filo-governativi (Giorgia, come competitor, preferisce mille volte Elly) e quelli filo-Pd: cioè tutti. Ciò detto, può darsi che un movimento “biodegradabile” come lo definì Grillo, che a biodegradarlo contribuì da par suo conficcandolo nel governo Draghi, sia vicino all’estinzione. Ma può anche darsi che il suo peso nazionale, con un’affluenza da elezioni Politiche, sia ancora il 15 dei sondaggi di sabato. E anche se fosse quello di terzo partito al 10, il secondo fra i giovani, meriterebbe un rilancio, non una resa, con nuove regole diverse da quelle pensate quando nella loro utopia Grillo e Casaleggio gli davano dieci anni di vita. La tentazione di Conte di passare la mano è comprensibile: sbattersi tanto per raccogliere cosi poco è frustrante e restare dopo tale batosta può sembrare avvitarsi alla poltrona. Ma, senza di lui, il M5S sarebbe morto già con la cura Draghi e ora si sognerebbe pure il 9.99%. […]

3. M5S, PROCESSO A CONTE. LUI RILANCIA: “VIA IL LIMITE DEI DUE MANDATI E LE PARLAMENTARIE”. E SENTE SCHLEIN

Estratto dell’articolo di Gabriella Cerami per “la Repubblica”

Prima gli elettori, ora i compagni di partito: Giuseppe Conte viene messo nell’angolo. Il popolo M5S si è ridotto al 10% dei votanti, diminuendo in neanche due anni di cinque punti percentuali e disperdendo oltre due milioni di consensi […].  […]  La batosta presa in queste elezioni europee è destinata a rimettere in discussione l’intero assetto del partito. Gli ex parlamentari e il direttivo chiedono al presidente un cambio radicale di questa gestione rivelatasi fallimentare e lui non può che dare un segnale in un momento in cui il suo ruolo è in bilico più che mai. […] L’ex premier, malgrado i toni da campagna elettorale utilizzati fino alla scorsa settimana, non intende quindi abbandonare il Campo progressista. Sul fronte interno […] occorre una rivoluzione. L’idea è di abolire il limite dei due mandati ma anche la regola secondo cui i candidati devono essere scelti attraverso la selezione online. Chi sarebbe voluto essere protagonista di queste elezioni europee non riesce ad accettare la sconfitta. «Dovevamo candidarci tutti», viene ripetuto come un mantra dagli ex parlamentari che hanno già ricoperto i due mandati a disposizione. Loro, i volti storici e conosciuti del Movimento, rivendicano di aver «iniziato dai meet up» e di aver «portato Conte sul tetto del mondo», e accusano l’ex premier di aver condotto una campagna elettorale in solitaria con candidati che non sono riusciti a intercettare i voti sperati. Anzi, il maggior contributo alla fine è stato dato dalle persone indicate da Beppe Grillo come Sabrina Pignedoli. […] Il grande freddo con Beppe Grillo, sparito non a caso dai palchi della campagna elettorale, non lo fa stare tranquillo e l’unica soluzione è dimostrare di non aver perso il controllo degli eletti. «Ma se fosse questa l’occasione buona per un cambio al vertice?», si chiedono in tanti e non è un mistero che il fondatore M5S immagini, ormai da tempo, una leader donna. Quindi si parla di Virginia Raggi, che avrebbe voluto correre alle europee ma le è stato impedito perché anche lei ha terminato i mandati a disposizione. Ma viene indicata anche Chiara Appendino, la deputata ex sindaca di Torino, sempre apprezzata e stimata dal fondatore. C’è anche chi immagina un ritorno di Alessandro Di Battista, che per adesso si sta dedicando all’associazione Schierarsi e non è sfuggito che l’ex sindaca di Roma domenica ha partecipato, con tanto di foto sui social, a uno dei loro banchetti. Immagine che suona un po’ come una provocazione ma anche come la volontà di voler riavvicinare quel mondo, che era la base grillina, ora andata perduta. La nostalgia è canaglia in M5S e nei momenti difficoltà, come quello che si sta vivendo adesso, lo è ancora di più. Ne è la prova l’ex ministro dei Trasporti e attuale probiviro, Danilo Toninelli: «M5S non è più un partito rivoluzionario. Grillo faceva sognare, Conte è un tecnico, bisogna avere il coraggio di dire che è una brava persona ma i tecnici non hanno capacità di emozionare». Non chiede ancora le dimissioni, ma non sembra essere così lontano. Mentre vorrebbe un passo indietro Davide Casaleggio, il figlio dell’altro co-fondatore: «Dovrebbe mettere a disposizione il proprio ruolo». Conte non vuole lasciare, ma per restare saldo al suo posto deve avviare un vero restyling. E senza perdere troppo tempo perché Grillo è in agguato e aspetta solo di vedere quali saranno le prossime mosse.