FRA PAURA DELLO SPREAD E PAURA DEL VOTO…..
Comunque vada a finire resterà la pagina più oscura e controversa della nostra vita democratica.Il voto del corpo elettorale va rispettato senza dimenticare,però, di “quanto” popolo sia rappresentativo.Aver diritto a formare un governo,come rivendicano stucchevolmente Di Maio e Salvini, non significa rappresentare il popolo nella sua globalità.Questa rappresentanza spetta e obbliga il capo dello Stato non i governi, anche se sono chiamati a governare nell’interesse nazionale al di là delle maggioranze politiche che ne consentono la formazione.E’ quello che fanno finta di non capire Di Maio e Salvini, che si arrogano la rappresentanza del popolo italiano con i loro 18 milioni di voti ottenuti a fronte di 31 milioni di votanti e di 46 milioni di aventi diritti al voto.Il popolo,poi,è fatto di 60 milioni di cittadini.E Mattarella ha il dovere di tutelare gli interessi dei 60 milioni e non è per niente legittimato a subire e a tollerare violazioni della carta costituzionale della quale deve essere garante. Meno che mai a subire imposizioni. Se la nomina di Paolo Savona al ministero dell’economia costituiva un segnale disgregante della nostra adesione all’Unione Europea e se costituiva un pericolo per la tenuta dell’assetto economico-finanziario del nostro Paese e per la tutela dei risparmiatori, bene ha fatto Mattarella a porre il veto sulla nomina di Savona che,per le sue posizioni accademico-politiche,esprimeva e rappresentava ostilità alla permanenza dell’Italia nell’eurozona. C’è voluta la reazione dei mercati,l’innalzamento dello spread e le perdite in Borsa per far capire che la partita della formazione del nuovo governo non era soltanto una questione nazionale ma impattava la tenuta dell’euro e allarmava i mercati e i partner europei.Da qui la marcia indietro,il ripensamento sull’impeachment e sulla marcia del 2 giugno su Roma e un ritorno al tavolo delle trattative per superare le emergenze e tranquillizzare i mercati. Nel momento in cui le conseguenze dell’innalzamento dello spread avessero prodotto i loro effetti sui bilanci familiari e i consumi quotidiani, nessuna forza politica avrebbe potuto chiamarsi fuori a prescindere dal voto del 4 marzo.Non solo.Ma andare al voto a luglio non conveniva a nessuno.Non solo per il prevedibile assenteismo ma anche per le difficoltà dei partiti ad affrontare due campagne elettorali nel giro di pochi mesi con le casse a secco.Ora si sta lavorando a un governo, politico o tecnico conta poco,per disinnescare l’allarme dei mercati e consentire all’Italia di sedersi ai tavoli internazionali previsti nelle prossime settimane.Probabilmente si voterà in autunno ma bisogna arrivarci.M5Stelle è consapevole,per le ambiguità e gli errori di Di Maio,che perderà consensi sia pure in quantità modesta.Salvini e la Lega hanno il vento in poppa e i sondaggi a favore ma debbono decidere se rimanere nel centrodestra o allearsi,anche elettoralmente,con 5stelle.Quanto al PD c’è consapevolezza di uno sforzo unitario per rimettersi in campo e giocare la partita della democrazia,della Repubblica e della Costituzione che né e a fondamento.Intanto serve un governo”qualsiasi” per non finire come la Grecia.