6 MILIONI NON VOTANO IL M5S  MA BASTANO 56 MILA PER SALVARE DI MAIO…

6 MILIONI NON VOTANO IL M5S  MA BASTANO 56 MILA PER SALVARE DI MAIO…

Nella Prima Repubblica-e forse anche nella seconda– il capo di un partito che fosse uscito dalle urne con una perdita di molto inferiore ai 6 milioni di voti, quanti ne ha persi il M5Stelle nel voto europeo del 26 maggio, avrebbe dovuto lasciare la guida del partito  nell’immediatezza del risultato.

Per “quelli del vaffa”,invece si è dato vita  a una messinscena che, lungi dal convincere l’opinione pubblica che segue la politica, ha per il momento messo Luigi Di Maio al riparo dal naufragio politico e personale, nella consapevolezza che salvare Di Maio significa salvare il governo, almeno nell’immediato, nonchè  le posizioni di potere conquistate e la prosecuzione della legislatura che, per gli eletti nel M5Stelle, vuol dire una indennità mensile di 15 mila euro più annessi e connessi. Altro che scontrini del panino  e precariato nei call center a poche centinaia di euro al mese.

Con sprezzo del ridicolo, facendo finta di ignorare i sospetti che gravano sull’attendibilità della piattaforma Rousseau, Di Maio ha dichiarato che il voto dei 56 mila è la più alta manifestazione di democrazia diretta “ a livello mondiale”.Testuale. Ovvero l’infantilismo politico coniugato  con l’arroganza dell’irresponsabilità.Sei milioni gli hanno detto no,56 mila si e nel Movimento del “vaffa” e della “scatoletta di tonno”  Luigino Di Maio si sente legittimato a continuare.

Sei milioni di voti sono più della metà dei consensi ottenuti dal M5Stelle appena un anno fa, facendone il primo partito in Italia e mettendo Di Maio in pool position per l’incarico di formare il governo.E’ finita con Giuseppe Conte, autonominatosi avvocato del popolo, a capo del governo e con Di Maio e Salvini vicepremier.

A seguire, a parte la annunciata sconfitta della povertà e i vitalizi della “casta”, i decreti “dignità”, “anticorruzione” e,soprattutto, il reddito di cittadinanza  vera riforma bandiera del Movimento. Ma, nonostante i sofisticati mezzi di comunicazione e il nutrito staff di addetti, i decreti fatti approvare in consiglio dei ministri non sono arrivati al grande pubblico.  Sono arrivati, invece, con grande impatto mediatico, gli obiettivi-propaganda perseguiti da Matteo Salvini  dai porti chiusi alle navi con migranti a bordo, al porto d’armi  per sparare ai ladri, a quota 100 per i penalizzati dalla legge Fornero,  alla TAV, ai toni duri contro Bruxelles che vigila sull’osservanza dei vincoli circa il rapporto deficit-pil.

Ma, al di là, degli obiettivi portati a termine, Salvini è riuscito a rappresentarsi come il vero capo del governo  definito dai commentatori a “trazione leghista”.Questo per dire che Di Maio si è fatto fagocitare politicamente da Salvini e si è fatto ridurre  a un ruolo gregario se non subalterno agli occhi dell’opinione pubblica.Era ormai troppo tardi quando Di Maio, percepito il danno politico di questa attribuita subalternità, ha cercato di prendere le distanze da Salvini e recuperare consensi.

Ma a far perdere 6 milioni di voti non è stata soltanto la percepita subalternità a Salvini  quanto una serie di errori, dal “salvataggio giudiziario “ di Salvini nella vicenda della nave Diciotti ,alla vergognosa e criminale situazione subentrata all’ILVA di Taranto per contro accreditata da Di Maio come migliorata se non risolta,per finire al fallimento di fatto del credito di cittadinanza per le troppe persone che ha deluso,nella sua portata reale, al di là degli strombazzamenti propagandistici della lotta alla povertà.

Questo nelle fasce socialmente basse dell’elettorato mentre nell’area dell’antipolitica e dell’avversione ai partiti tradizionali l’inadeguatezza e l’incompetenza rivelata dal M5Stelle negli adempimenti di Governo  e l’ approssimativo  senso dello Stato e delle istituzioni ha fatto il resto, con le gaffe di Toninelli ,l’ambiguità sulla TAV, l’affronto a Macron incontrando i gilet gialli ,il dissenso con la Raggi per aver difeso il diritto di una famiglia rom a occupare un appartamento assegnatole.

E così chi ha scelto Salvini ,perché ritenuto il vero motore decisionale del governo,e chi è tornato a votare PD  deluso dal dilettantismo pentastellato, dalla subalternità a Salvini nel far passare operazioni e iniziative di destra, come gli ambigui rapporti con Casa Pound.

Come accade nelle migliori famiglie politiche, 6 milioni di voti persi sono il segnale  inequivocabile di una inarrestabile caduta verticale cui certamente non porrà rimedio la permanenza di Luigi Di Maio a capo del Movimento né la segreteria politica che si avvia a varare per una gestione collegiale del Movimento. E’ venuta fuori tutta l’inadeguatezza di un personale politico improvvisato e assolutamente incapace  a gestire i destini di un Paese di 60 milioni di abitanti fondatore dell’UE  e  ancora  potenza economica a livello mondiale. E’ venuto fuori quello che si è sempre saputo , osservando perplessi il seguito popolare e socialmente rancoroso che andava crescendo dietro i “vaffa” di Beppe Grillo che hanno ridotto la politica a un avanspettacolo umiliante che ha portato alla ribalta personaggi venuti dal nulla, senza storia e meno che mai cultura politica e di governo, a sedersi sui banchi di Camera e Senato a legiferare con la loro ignoranza su un Paese che, sia pure attraversato da periodi foschi e bui, ha sempre tenuto alta la dignità delle istituzioni.

Il  destino dei 5Stelle,per sopravvivere, è tornare all’opposizione e nel frattempo imparare ad aprire le scatolette di tonno e a selezionare una rappresentanza capace , per competenza e cultura di governo, di farsi carico delle sorti di un Paese e dei suoi rapporti internazionali in continuità storica con figure che, da De Gasperi a Togliatti, da Berlinguer ad Aldo Moro, da Pertini a Ciampi-soltanto per fare qualche nome- hanno tenuto alto, al di là delle appartenenze, il prestigio e la dignità del Paese con le sue istituzioni.