IL PD CHE PORTA SUGLI SCUDI OLIVERIO E’ IL PD DELLE SCONFITTE SUBITE…
L’insistenza ossessiva con la quale Oliverio vuole imporre al PD la sua ri-candidatura ha del paradossale e non perché egli stesso aveva dichiarato di non volersi ricandidare (Renzi ci ha spiegato che certe affermazioni hanno un valore relativo) ma perché la sua candidatura è fuori dal quadro politico nazionale e,soprattutto, fuori dalla linea intrapresa dal PD.
Se la nuova linea è quella di allargare l’area del consenso, tornare nei territori e misurarsi con i problemi della gente ma, soprattutto fronteggiare populismi e sovranismi con nuove alleanze, con “patti civici” che necessariamente debbono andare oltre il PD, non si vede come, rispetto a questa linea strategica a livello nazionale, Oliverio pretende di imporre, attraverso la sua candidatura,il sistema di potere che ha creato intorno alla sua presidenza.
Si dirà che con lui è schierato l’intero centrosinistra con le sue gerarchie, gli amministratori che hanno goduto della generosità istituzionale di Oliverio, i circoli del PD che a Catanzaro sono corsi in massa a riempire il teatro oltre la sua capienza. Ammesso che un contesto del genere sia una dimostrazione di popolarità e di consenso perché mai non la pensano allo stesso modo i calabresi che,interpellati in vario modo, esprimono giudizi nettamente negativi ?
Si dirà che i sondaggi commissionati dal PD per le regioni in cui si andrà a votare,compresa la Calabria , formulano i quesiti in maniera impropria e tali da suggerire risposte negative e potrà in qualche modo essere vero ma i sostenitori del contrario, cioè che Oliverio merita la ricandidatura, cosa oppongono in termini di risultati conseguiti e miglioramenti avvenuti nella vita dei calabresi?
Dove erano i sindaci che sostengono Oliverio quando si è votato nelle ultime consultazioni elettorali? Dove erano e cosa facevano i circoli PD fra una elezione e l’altra oltre a dilaniarsi nel sostenere la candidatura di questo o quel feudatario del partito?
Sono talmente tormentati dal rischio concreto di perdere le postazioni di potere e i privilegi connessi che hanno conquistato da non rendersi conto che sono riconducibili a quelle aggregazioni di potere autoreferenziale che hanno generato e alimentano l ’antipolitica.
Il PD da solo non è in grado di mantenere il governo della Regione e il sostegno che potrebbe venire dal resto del centrosinistra esprimerebbe comunque una forza elettoralmente minoritaria. Non basta rimettersi insieme per replicare il successo del 2014. Allora Oliverio poteva annunciare la sua “rivoluzione” perché era al debutto e nessuno poteva contestargli le intenzioni. Oggi,invece, deve rispondere di quanto ha fatto o non ha fatto in cinque anni di governo regionale.
I calabresi si guardano intorno, dalla sanità come è ridotta al lavoro che non c’è, dai trasporti alla gestione dei rifiuti, alla subalternità ai governi nazionali , all’assenza di strategie credibili di sviluppo., dal porto di Gioia Tauro alla ZES, al turismo. Basterebbe che Oliverio rispondesse alle contestazioni,sotto forma di interrogazioni, che quotidianamente produce il suo compagno di partito e consigliere regionale Carlo Guccione.
Si dirà che fra i due c’è astio personale, dopo il dimissionamento di Guccione da assessore, ma il fattore personale,che c’è, non toglie nulla alle omissioni e alle negligenze che Guccione contesta a Oliverio argomentandole e supportandole con numeri e riferimenti precisi.
E’ fuori da ogni logica che Roma possa accettare l’imposizione della candidatura di Oliverio a seguito della pressione che Oliverio esercita utilizzando sindaci, feudatari del centrosinistra, circoli PD di cui non esiste nemmeno la targa e di cui fino ad oggi non si è avuta notizia di una qualche iniziativa politica che non fosse finalizzata alle lotte interne di partito.
IL PD che alza sugli scudi Oliverio per ricandidarlo è proprio il PD da smantellare mandando in dignitosa pensione gli ultimi esponenti della “ditta”, obsoleti e logorati, democristianizzati e clientelari, lontanissimi dai temi che agitano il dibattito politico nazionale e internazionale.
Dessero conto quelli che hanno affollato il teatro a Catanzaro di quanto hanno fatto, di quanto hanno politicamente prodotto per affermare il ruolo del partito , le sue posizioni e guadagnare consensi alla causa.
Può sembrare un paradosso ma Oliverio si deve fare da parte proprio per ciò che rappresenta con l’esibizione del consenso che ha costruito intorno a sé. Ci saranno i sindaci, gli apparati del PD ai vari livelli, i circoli che gestiscono i gazebo e le primarie cui non crede nessuno, le clientele nutrite e appagate con la spesa pubblica ma i calabresi non ci sono. Anzicchè nei teatri Oliverio e company provino a convocare le piazze e portino sul palco i rottami di quel centrosinistra che nessuno invoca. A Roma hanno le idee chiare e Graziano e Oddati, nei rispettivi ruoli di commissario e responsable per il Mezzogiorno, sono portatori di decisioni prese ai massimi livelli.
Non è un mistero che vanno avanti le trattative, fra PD e M5Stelle, per convergere sulla candidatura di Pippo Callipo che non è nome e personalità di poco peso. Oliverio e il suo seguito lo sanno ma fanno finta di ignorarlo. Con la prova muscolare provano ad accreditare un seguito e un consenso che appartiene alla politica e non alla società civile. Callipo non ha sindaci, apparati e circoli da esibire a suo sostegno e la sua storia personale non necessita di garanti. Forse per lui la Calabria dell’astensionismo tornerà a votare. Si alzi qualcuno a sostenere il contrario.
Quanto a Oliverio non ha mai smentito di aver posto la sua ricandidatura a prescindere dalle decisioni del PD. Non ha che da essere conseguente e mettere su la coalizione di liste civiche fatta intravedere. Questo è un suo diritto ed è anche l’unico modo per verificare da che parte stanno i calabresi.,