COSENZA-IL DISSESTO DI PALAZZO DEI BRUZI HA NOMI E COGNOMI….

COSENZA-IL DISSESTO DI PALAZZO DEI BRUZI HA NOMI E COGNOMI….

E’ il caso di dire:”Tanto tuonò che piovve”, nel senso che la dichiarazione di dissesto finanziario più volte annunciata, temuta e rimossa, alla fine è arrivata. La sentenza parla chiaro: si è fatto poco o nulla per rimettere in equilibrio i conti e necessità vuole che entrino in campo le procedure del dissesto.

In sintesi, insediatosi il commissario, aumenteranno tutti i tributi che non siano già al livello massimo, aumenterà l’addizionale comunale, il personale in esubero verrà messo in mobilità, i ben retribuiti 19 consulenti del sindaco debbono lasciare gli incarichi, i creditori del comune vengono messi in attesa, bloccate le procedure in corso per essere pagati, i crediti (per il Comune debiti) verranno analizzati  nella loro legittimità e congruità e tutti i servizi verranno ridotti al minimo per comprimere i costi e risalire la china.Verranno coinvolti asili nido, assistenza agli anziani,welfare più in generale,trasporti e aziende municipalizzate come l’ATAC. I cosentini,insomma, dovranno tirare la cinghia e verosimilmente dovranno pagare quello che fino ad oggi non hanno  pagato, che si tratti dei canoni dell’acqua, dei rifiuti, dell’IMU e di quant’altro dovuto.Tutte le spese verranno ridimensionate secondo una scala di priorità.

Questo sul piano amministrativo mentre sotto il profilo politico i cittadini di Cosenza debbono chiedersi come si è arrivati al dissesto e per responsabilità di chi.Giacomo Mancini è morto da 20 anni e, quindi, bisogna partire da ciò che è venuto dopo, dalla sua morte ad oggi. I sindaci che si sono avvicendati sono Eva Catizone, Salvatore Perugini e Mario Occhiuto. A voler ragionare con i paraocchi, sono loro formalmente responsabili dell’andamento dei conti comunali nei circa 20 anni trascorsi. Formalmente però, poiché se per Occhiuto si può affermare che non ha subito condizionamenti dalla maggioranza politica che lo ha sostenuto, lo stesso non può dirsi per  la Catizone e Perugini.

Entrambi sindaci di centrosinistra, hanno avuto una subalternità consapevole nei confronti del PD, ritenendosi, nonostante l’elezione diretta del sindaco, espressione di uno schieramento di partiti, il centrosinistra appunto.Ora se alla Corte dei Conti, tramite il commissariamento, compete di fare trasparenza e giustizia,  a chi fa informazione incombe il dovere di ricordare chi  ha tirato   le fila dell’amministrazione in carica  col centrosinistra prima e  con Occhiuto dopo. Se si vuole, si può anche ritenere che  Catizone e Perugini siano , in diverso modo e in diverso grado, responsabili del dissesto nel senso di averne creato i presupposti ma dietro di loro erano altri a tirare le fila , a prendere le decisioni di peso, a mettere i veti che si rendevano necessari per proteggere gli interessi che politicamente rappresentavano e tutelavano.Di questi “pupari” qualcuno aveva un ruolo riconosciuto e legittimo  ma non adeguatamente controllato, come Franco Ambrogio,un plenipotenziario del potere targato PD coadiuvato da qualcun altro che non aveva ruolo  riconosciuto, come Nicola Adamo che non era né consigliere né assessore ma , di fatto, è stato ed è a tuttoggi, per la sua abilità, asse portante del potere PD. Ovviamente il potere politico senza la complicità e la connivenza dell’apparato burocratico può fare  poco per cui le responsabilità  di chi ha generato gli stravolgimenti dei conti comunali  vanno ricercate in tutte le direzioni e col dovuto rigore.

Eva Catizone venne fatta fuori con una congiura di palazzo che non ebbe, per portare a compimento la congiura,  nemmeno rispetto della morte di un giornalista colpito da infarto.   Nemmeno l’interruzione di un’ora,per dire il clima. Eva Catizone è uscita di scena senza clamore, erede perdente e dissipatrice politicamente di quanto le aveva lasciato Giacomo Mancini. Consegnatasi alla irrilevanza politica, ha finito per trovare accoglienza nella squadra dei consulenti di Occhiuto , avendo il buongusto di non cercare la scena e stare lontana dai riflettori mediatici.

Perugini è un caso singolare, quasi incomprensibile. Intelligente, colto, onesto, stakanovista nel lavoro amministrativo  di sindaco, luce del suo studio accesa fino tarda sera ( il trucco di Mussolini non c’entra) non aveva imbarazzo a dichiarare che  era pur vero che  il sindaco fosse lui ma si considerava  espressione della maggioranza politica che lo sosteneva e doveva, quindi, sottostare alle scelte politiche della coalizione. In effetti erano i soliti Ambrogio e Adamo, sostenuti da dirigenti e funzionari servizievoli e zelanti, a prendere le decisioni e a contrastare o boicottare le scelte che Perugini elaborava e proponeva come sindaco. Lasciato Palazzo dei Bruzi, nonostante l’ottimo rapporto con Matteo Renzi e la stima guadagnatasi nell’ANCI nazionale,Perugini si è allontanato dalla politica , tornando alla professione forense, alla bicicletta e al footing.

Mario Occhiuto arriva a Palazzo dei Bruzi e si trova a dover affrontare una situazione finanziaria fortemente compromessa. Ma non si scoraggia.Gli va riconosciuto il merito di avere preso in carico i progetti lasciati da Mancini e da Perugini, con relativi finanziamenti, e di averli portati a realizzazione.Vada per il Castello, Piazza Bilotti, Piazza Riforma, Ponte di Calatrava, il Planetario ed altre opere meno rilevanti.Per il resto Occhiuto ad alimentare il dissesto ci ha messo di suo. Ha fatto lo slalom  fra debiti,crediti,tributi non pagati, mutui e disponibilità di cassa che ha utilizzato disinvoltamente  avvalendosi  dell’abilità di una assessore al bilancio che riusciva a spostare il dissesto sempre più avanti manovrando le cifre del dissesto lungo percorsi formalmente plausibili.

Occhiuto  ha cercato in tutti modi di evitare il dissesto ,  sperando che la sentenza arrivasse dopo le elezioni regionali.Per certo la dichiarazione di dissesto non lascerà indifferenti i centurioni di Salvini in Calabria.Si vedrà.Si sussurra che il dissesto ammonti a una cifra considerevole. Intanto bisogna dire che anche i cosentini hanno le loro responsabilità per il dissesto cui si è arrivati. Non hanno preso in considerazione  elettoralmente ciò che veniva  denunciato politicamente da chi si proponeva come alternativa alla nomenclatura partitica, di centrosinistra e di centrodestra, che aveva avuto in mano il Comune.

Enzo Paolini, candidato a sindaco, collaboratore strettissimo di Giacomo Mancini, ha fatto una battaglia solitaria per riportare legalità e trasparenza a Palazzo dei Bruzi  incorrendo nell’ingenuità di non capire che il blocco di potere consociativo che aveva il controllo  di  Palazzo dei Bruzi non gli avrebbe trasversalmente consentito di trasformarlo nella “casa di vetro” che prometteva nei suoi comizi. Gli hanno sbarrato la strada con una campagna elettorale fatta di intrighi e patti inconfessabili. Ci sono riusciti grazie a un corpo elettorale disinformato e concentrato sul folklore dei conflitti personali.