I LADRI IN BANCA- I MARPIONI CHE PRENDONO E QUELLI CHE DANNO SENZA MAI PAGARE PEGNO….
Si ricorre molto spesso,per dire come funziona negli Stati Uniti la lotta all’evasione fiscale, alla incarcerazione di Al Capone non per gli omicidi di mafia commessi ma per evasione fiscale. E anche chi altera i bilanci delle banche e viola le regole del mercato, mettendo in atto speculazioni illecite e truffaldine, finisce in galera.
Da noi non usa sottoporre ai rigori della giustizia chi ha usato i suoi poteri, ai vertici delle banche, per dilapidare risorse, concedendo finanziamenti a chi non ha i requisiti di mercato per meritarli, con ciò arricchendo disonestamente “compari”, amici e mascherati sodali in affari.
Sono anni ormai che il sistema bancario scricchiola sotto gli scandali che si succedono senza che i responsabili del malaffare bancario, beneficiari di credito grazie a manager compiacenti, ne rispondano alle istituzioni preposte a punirli. La giustizia,nel nostro Paese, ha notoriamente tempi lunghi e quando si tratta di banche,banchieri e loro complici i tempi diventano lunghissimi.Possibilmente fino alla prescrizione.
Dal Monte dei Paschi di Siena, passando per Banca Etruria e le banche venete di Zonin e tutte le altre che hanno truffato risparmiatori e sottoscrittori di azioni, fino alla Banca Popolare di Bari di questi giorni, è sempre lo stesso copione che si recita sulla stampa, nei telegiornali e nei talk show.
Ne esce in qualche modo sfregiata l’immagine di Bankitalia, una istituzione fino a qualche anno fa al di sopra di ogni sospetto ed oggi bastonata da commissioni parlamentari d’inchiesta sulle banche e i loro default. Il governatore Visco lamenta e denuncia una “campagna di odio “ nei confronti di Bankitalia ma non considera le ormai troppe negligenze addebitate ai suoi ispettori nei default bancari. Arrivano sempre “a babbo morto” o-se si preferisce- quando i buoi sono scappati dalle stalle.Fuor di metafora quando interviene il collasso finanziario e si ha l’obbligo di commissariare.
Con la Banca Popolare di Bari , in mano da decenni a una dinastia familiare che ha occupato i vertici gestionali della banca, emergono particolari che lasciano allibiti. Una intercettazione “pirata” di una conversazione fra alti dirigenti della banca, rivela che tutti sapevano, che i bilanci delle filiali erano taroccati ma che non c’era da preoccuparsi perché interessi “ altissimi” da proteggere escludevano il verificarsi del commissariamento. Quanto in alto si dovrebbe andare per capire in testa a chi fossero gli interessi non è dato sapere ma, a quanto pare, salendo salendo, ci si imbatte in inspiegabili negligenze diegli uomini di Bankitalia.
Si vedrà cosa riuscirà ad accertare la commissione parlamentare d’inchiesta in via di formazione ma il silenzio di tutti i partiti e dei loro leader sul collasso e commissariamento della Banca Popolare di Bari la dice lunga. Di Maio promette di rendere noti i nomi di chi ha beneficiato di finanziamenti che non meritava e di chi li ha concessi ma finirà come con la sconfitta della povertà. Vedremo.
Intanto bisogna riconoscere che le banche,per loro resoponsabilità, non meritano il rispetto e la fiducia che fino a qualche anno fa nessuno avrebbe messo in discussione. Ma come si fa a non considerare quanta severità applicano le banche quando un povero cristo in difficoltà va a chiedere credito, offrendo a garanzia la sua onestà oltre quello di cui dispone, e la grande generosità con gli squali e i bucanieri del credito bancario che operano allo scoperto e senza offrire garanzie adeguate ?
Per la Banca Popolare di Bari lo Stato ha tirato fuori 900 milioni per tutelare risparmiatori e correntisti ma sono 900 milioni che vengono presi da fondi statali alimentati dagli italiani che pagano tributi e tasse. Non è accettabile che siano i cittadini italiani a pagare le dissipazioni di chi ha erogato credito a chi non lo meritava.Per di più si viene a sapere che il management della Banca Popolare di Bari si è triplicata l’indennità di carica con emolumenti mensili di circa 800 mila euro e col presidente, in carica da decenni, che si è liquidato un compenso di 2 milioni e 500mila euro. Una banca “familiare” che ha operato indisturbata fino al collasso finale largamente annunciato e , carte alla mano, facilmente prevedibile.
E’ un oltraggio alla sensibilità delle persone oneste, un insulto a chi viene rifiutato un mutuo per farsi una casa, a chi per completare gli studi chiede un atto di fiducia, a chi per avviare una attività di impresa non ha da offrire che competenza, capacità e onestà. La vergogna, al di là della giustizia che “deve fare il suo corso”, sta tutta qui.