ARSENICO NEL MUCONE:SI SAPEVA E NESSUNO HA PARLATO ?

ARSENICO NEL MUCONE: SI SAPEVA E NESSUNO HA PARLATO ?….

A Bisignano il depuratore è sotto sequestro e i titolari della  Consuleco, gestori dell’impianto, hanno “obbligo di dimora” nel  mentre la procura di Cosenza va portando avanti le indagini per avere un quadro completo dei veleni riversati nel fiume Mucone.Il procuratore Spagnuolo, sulla base dei dati disponibili, sostiene che “l’impianto inquinava in modo spaventoso”. “Spaventoso” quanto? E con quali conseguenze ? Che estensione hanno i terreni inquinati ? Vi sono  colture destinate al consumo alimentare ?

Qualcuno dovrebbe rispondere a questi legittimi interrogativi poiché si tratta di rimuovere una situazione di rischio reale per la salute dei consumatori. Se pericolo c’è, i terreni vanno “ messi in quarantena” in attesa di disporre di dati certi. E’ quanto mai evidente che i veleni riversati nel Mucone destano allarme sociale e vanno a colpire il cuore dell’agricoltura di quell’area rinomata per la qualità delle sue produzioni.Non siamo alle “terre del fuoco” di Napoli ma potremmo esserci vicino.Cos’altro può significare l’allarme del procuratore Spagnuolo quando afferma che “l’impianto inquinava in modo spaventoso”?

Inquadrato a grandi linee il rischio che si corre e confidando in un’azione sollecita della magistratura per i provvedimenti necessari , è doveroso chiedersi come si sia arrivati alla situazione che è venuta fuori.A parte le responsabilità dei gestori dell’impianto è doveroso chiedersi se ci sono stati i controlli necessari e, soprattutto,se non sono state prese in considerazione segnalazioni e denunce pervenute a soggetti istituzionali.

Viene difficile pensare che, a cominciare dai proprietari dei terreni inquinati, a nessuno sia venuto il sospetto che la schiuma galleggiante sulle acque del Mucone potesse avere origini dolose ed effetti inquinanti. Risulta,invece, che non sono mancate le segnalazioni e le denunce  che,però, sarebbero cadute nel vuoto.Ora sarà la magistratura a individuare le responsabilità, le complicità e le omissioni affidandone il compito a carabinieri,polizia giudiziaria e guardia di finanza.

La riflessione alla quale non possiamo sottrarci,però, è che troppe vicende di  avvelenamento del territorio hanno interessato la Calabria, dalle navi cariche di rifiuti radioattivi che sarebbero state affondate al largo delle coste calabresi alle montagne che celerebbero nelle loro cavità rifiuti tossici di criminale provenienza.Camion,insomma,che vanno e vengono e che non possono passare inosservati .E’ risaputo che là dove la legge viene violata è la criminalità a muovere le file, per interessi ormai lungamente consolidati.E’ del tutto evidente che i controlli “istituzionali” non sono sufficienti ma è altrettanto evidente che una vigilanza attiva della popolazione, in tutte le sue articolazioni, sarebbe già un deterrente che avrebbe i suoi effetti.Fare finta di non vedere, nutrire sospetti e non manifestarli con tutte le cautele possibili, finisce per alimentare l’illegalità e l’avvelenamento del territorio. Non c’è bisogno né di eroi né di vittime sacrificali. Basterebbe reagire, in presenza di sospetti fondati o comunque da chiarire, come avviene quando viene annunciata la realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti o di una semplice discarica, con la popolazione che si mobilita.

Eppure impianti e discariche sono sottoposti a vincoli e controlli,  con un monitoraggio continuo. Quando comincia, invece, a circolare voce di strani movimenti di rifiuti, di camion con carico coperto da teloni, di cisterne di cui si ignora il contenuto l’allarme, la protesta stenta a partire.Questo per dire che se ci avvelenano il territorio e la vita qualche responsabilità l’abbiamo anche noi.Pur ottenendo l’impiego dell’esercito per un controllo del territorio, come avvenuto in Campania, senza la collaborazione della popolazione il crimine di chi inquina non si combatte. E’ certamente da salutare con compiacimento la nomina, da parte di Jole Santelli, del “capitano Ultimo”, ovvero il colonnello Sergio De Caprio, colui che catturò Totò Riina, alla guida dell’assessorato all’Ambiente ma non può bastare.Dobbiamo trovare il coraggio di svolgere una vigilanza attiva.Se non si è isolati non si diventa bersaglio di rappresaglie. Diversamente la vita se ne va con un po’ di veleno al giorno che respiriamo nell’aria  o che arriva sulle nostre tavole e di cui, in qualche modo, siamo anche noi responsabili.