“NON ABBANDONATE IL SUD “
L’intervento del sen. Ernesto Magorno in Senato
Presidente, colleghi “Roma è molto grande, è molto lontana da qui” scriveva nel suo romanzo “Tibi e Tascia” il nostro grande scrittore calabrese Saverio Strati di cui vi consiglio caldamente la lettura. Ma prima di entrare nel cuore del mio intervento, consentitemi di rivolgere il mio pensiero a chi, a causa del covid 19, in queste settimane, ha perso la vita; a chi ha lottato e continua a lottare in prima linea; agli operatori sanitari, ai medici, agli infermieri alle forze dell’ordine tutte. Abbiamo vissuto momenti di intensa tragicità. Le immagini della triste sfilata delle bare, portate dai camion militari nella notte di Bergamo hanno straziato il nostro senso di umanità. Le terremo sempre nel cuore come monito a imperitura memoria. L’emergenza che ancora stiamo vivendo ha avuto il suo drammatico snodo la sera dell’8 marzo, quando a causa dell’imperdonabile circolazione delle bozze del DPCM si è scatenato un vero e proprio esodo verso Sud che, di fatto, ha determinato il diffondersi dell’infezione nel Meridione. Quell’8 marzo è stato il nostro 8 settembre. Un intero paese, a causa di una improvvida fuga di notizie, è stato preso dal panico, si è ritrovato confuso ed impaurito. Restano incancellabili e, consentitemi, vergognose, le immagini delle stazioni del nord brulicanti di persone, di tanti giovani, in fuga verso il Sud. Di quella scellerata notte stiamo ancora pagando le conseguenze. Questo mi fa ritornare alla citazione di Saverio Strati. “Roma è molto grande, è molto lontana da qui”: questa immagine letteraria, ha un sapore profetico, racconta meglio di ogni altra la antica e dolorosa distanza che avverte la nostra gente. E’ questa la situazione che si è palesata, ancora di più in queste settimane, nei rapporti tra il Governo e i Sindaci, soprattutto quelli del Sud. I Sindaci: eroi costretti, troppo spesso, a lottare da soli e a mani nude, fuori trincea, contro un nemico potentissimo ma invisibile che semina morte e contro, consentitemi di dirlo, uno e Stato che più che lontano è sembrato essere un vero e proprio nemico. Entrando nel merito dei provvedimenti del Governo lo scostamento di 55 miliardi, previsto nel DEF, rappresenta un passaggio importante per affrontare la crisi legata all’emergenza Covid19. E se da un lato le misure volte a non lasciare indietro nessuno rappresentano solo un primo passo, dall’altro non posso non rimarcare la necessità di porre attenzione sulla situazione dei comuni, in particolare degli enti più piccoli. I Sindaci, in queste settimane, hanno svolto un lavoro straordinario, sono stati, ventiquattrore su ventiquattro, il primo punto di riferimento dei cittadini, accogliendo e cercando sempre di dare una risposta concreta alle necessità, anche le più disparate, di ogni singola persona. Ma servono maggiori risorse ed è per questo non si può non sostenere l’appello dell’Anci che chiede 5 miliardi da destinare ai comuni. Il fondo da 3,5 miliardi pensato dal Ministro Gualtieri non è sufficiente per garantire il corretto funzionamento dei comuni che rischiano, concretamente, il default. Sarebbe allora il fallimento di un intero sistema volto ad assicurare i servizi essenziali ai cittadini: penso ai trasporti, ai servizi sociali e alla raccolta dei rifiuti. Insomma tutto l’insieme dei servizi indispensabili per affrontare la quotidianità. Il minimo vitale. Non si può perdere tempo perché in questi giorni le casse comunali, sostanzialmente, non hanno registrato entrate. Per questo sarebbe delittuoso dare ai Sindaci meno di quanto richiedono. Rendiamoci conto che è in gioco la tenuta dell’intero sistema che hai nei comuni le prime fondamenta, il primo avamposto dello Stato. Le conseguenze sociali di un crollo sarebbero inimmaginabili, soprattutto nelle regioni del Sud. In questo senso un altro snodo fondamentale riguarda la possibilità di controllare capillarmente il territorio. Per questo occorrerebbe una presenza maggiore e costante di forze dell’ordine. L’ultimo DPCM dà ai sindaci l’onere dei controlli sul territorio ma non si capisce con quali forze. I Sindaci, i nquesto frangente sono come generali che vanno in guerra con truppe valorose ma sparute, in alcuni casi inesistenti. In queste settimane le Forze dell’Ordine hanno svolto un lavoro straordinario, ma, soprattutto al Sud, c’è l’impellente bisogno di assumere vigili urbani per rafforzare gli organici che, in alcuni comuni, non dispongono di un solo agente di polizia municipale. Non sono pochi i casi in cui i Sindaci stessi, e gli amministratori, si sono improvvisati vigili per effettuare i controlli e colmare il vuoto esistente. Un vuoto enorme, come enorme è il vuoto sulle linee guida da adottare per affrontare la fase 2. Di fronte a questa fase decisiva per la ripresa dei territori, i Sindaci sono stati ridotti a marinai costretti navigare a vista, senza bussola, e con l’amara prospettiva di una disastrosa deriva. L’ultimo DPCM scarica tutto sui primi cittadini, senza però indicare loro concretamente cosa fare. Matteo RENZI, oggetto di feroci attacchi, in tempi non sospetti è stato il primo a focalizzare l’attenzione sulla ripartenza. Bisognava ascoltarlo, allora, sulla necessità di programmare per successivi step il ritorno alla normalità. Ora, tardivamente, tutti si affrettano a fornire ricette ed indicazioni, ma di fronte ai ritardi del Governo per alcuni settori, in particolare per il turismo, è già troppo tardi, il tempo è già scaduto. Questo settore è il motore dell’economia di molte zone del paese, e tra queste quella dalla quale provengo. Servono regole chiare ed immediate, sul come e sul quando riaprire le attività turistiche, e i Sindaci devono confrontarsi quotidianamente con le ansie e le richieste degli operatori che, nell’imminenza della stagione estiva, temono di vedere vanificati anni di lavoro e sacrifici. Sempre a proposito di turismo non posso non porre all’attenzione la questione relativa al fondo di solidarietà comunale. Istituito con l’articolo 1, comma 380, lettera b della legge 24 dicembre 2012 n. 228, e che è alimentato con una quota dell’imposta municipale propria (IMU) di spettanza dei Comuni. Pochi – ovvero 562 – rispetto agli ottomila comuni calabresi sono gli enti ” attinti” dalla mannaia del citato balzello. Per comprendere, sino all’entrata in vigore della citata Legge tutto ciò che i proprietari di immobili versavano al Comune a titolo di IMU veniva depositato ” nelle casse dell’ente”. I comuni, soprattutto quelli costieri, avevano fornito maggiori servizi prendendo a base i sopracitati introiti, in primis rifiuti e servizio idrico. Dall’entrata in vigore del citato balzello, i comuni hanno dovuto assicurare gli stessi servizi nei confronti di una popolazione estiva abnorme senza però poter incassare quelle somme. Insomma la capacità di attrarre turisti è divenuta una colpa, per questo quell’iniquo balzello va eliminato perché non è giusto punire gli enti virtuosi. Gli appelli lanciati a più riprese da tanti primi cittadini non possono cadere nel vuoto.
In particolare, consideriamo necessari i seguenti provvedimenti da parte dello Stato:
– la riduzione del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità dal 95% attuale al 50%; – il ristoro totale a fondo perduto delle perdite secche derivanti dal mancato incasso dei tributi comunali (tari, sevizio idrico, ecc) e dei tributi minori (tosap, cosap, ecc) per tutto il 2020;- l’aumento dell’anticipazione di tesoreria a 7/12 e riconoscimento di un contributo a copertura dei maggiori interessi; – la sospensione delle rate di restituzione delle anticipazioni di liquidità derivanti dai contributi dati ai Comuni in dissesto o che hanno sfruttato ad esempio il DL 35;- l’accelerazione con le banche di accordi che superino i problemi burocratici in essere che stanno impedendo la sospensione delle rate mutui nei confronti dei creditori dell’ente;-l’emanazione di norme più snelle per la concessione e/o gestione di tutto il patrimonio pubblico (parchi, ville, palazzi antichi), al fine di creare occasioni di sviluppo e lavoro; -lo sblocco delle risorse per liquidare attività professionali già svolte relativamente allo studio di vulnerabilità sismica per i comuni con Durc non regolare;-un contributo per i maggiori oneri derivanti dall’adozione di piani di sicurezza in interventi e opere già in itinere o finanziati e ridefinizione del cronoprogramma dei lavori il cui mancato raggiungimento comporta la perdita del finanziamento.
I Sindaci non devono essere lasciati soli, così come non devono essere abbandonate al loro destino le imprese, soprattutto le imprese del Sud. Le imprese lamentano ritardi. Era il 6 aprile e il premier Giuseppe Conte, nel definire poderoso l’intervento a sostegno degli operatori economici travolti dall’emergenza sanitaria, prometteva che i soldi sarebbero arrivati subito, praticamente l’indomani. Il Decreto Liquidità (23/2020) è però andato in Gazzetta Ufficiale l’8 aprile. Ha dovuto, poi, attendere il via libera della Commissione europea, giunto il 13 aprile. Faticosamente è stata poi completata la definizione dei rapporti tra banche, Sace, Fondo centrale di garanzia. Tanta buona volontà nelle intenzioni e la promessa di tempi tecnici accelerati al massimo Ma ancora oggi, con buona pace di tutti, l’erogazione delle risorse è lontana. E al Sud le banche, invece di aiutare le imprese, le ostacolano trovando cavilli. Un’ingiustizia che si somma ad altre ingiustizie e rende ancora più incolmabile quella distanza di cui parlava Saveri Strati. Citando un altro grande scrittore calabrese, Corrado Alvaro, ho sempre sostenuto l’idea che il Sud ha bisogno di essere parlato. Parlare al Sud significa offrire una visione per il futuro. La nostra gente, contrariamente a quanto dicono i luoghi comuni, vuole lavoro e non assistenza. Per questo uno dei passaggi fondamentali sarà quello di evitare un nuovo scippo al meridione, quello che purtroppo si è paventato negli scorsi giorni. Preoccupa, infatti, la possibilità di spostamento delle risorse comunitarie tra Regioni prefigurata nel documento preparato dal Dipartimento di Programmazione Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si tratta di somme importanti, relative alla programmazione comunitaria 2014-2020 e al Fondo di Sviluppo e coesione, che dovrebbero essere destinate alle aree più in difficoltà del Paese. Invece, secondo le indiscrezioni che circolano, questo vincolo dovrebbe venir meno. Non consentiremo che il Meridione possa subire un’ulteriore beffa, il governo ha il dovere di sviluppare una politica improntata sulla solidarietà nazionale, ma questo non può tradursi nella cancellazione di ciò che spetta alle regioni del Mezzogiorno. Risorse al Sud significa anche negare nuovi scenari. Il profondo insegnamento che, pur nella sua tragicità, ci ha dato questa crisi è che l’uomo ha abusato della natura ogni oltre limite. È per questo che bisogna dare maggiori risorse per costruire un futuro migliore che ripensi il suo sviluppo dando priorità al rispetto delle persone e dell’ambiente che ci circonda. Consentitemi di essere di parte, io provengo da un territorio, l’Alto Tirreno cosentino che risplende per bellezza, e nel quale ineguagliabili paesaggi marini sono poco distanti da colline altrettanto belle ed ospitali. E ancora poco oltre si posso raggiungere gli incredibili scenari montani del Pollino. La bellezza da noi è di casa, insomma, ma in questo ultimo periodo, lo abbiamo notato tutti, e lo avrete constatato tutti voi che provenite da ogni territorio della nostra Italia, la natura sembra essersi risvegliata, ha una luce diversa, è tornata a brillare, liberata dal peso della presenza umana. La natura ci sta lanciando un messaggio chiaro, ci chiede attenzione e amore per quando tutto tornerà alla normalità. Ripensare il futuro vuol dire dare risorse ai territori senza dimenticare le urgenze dell’oggi, E’ necessaria anche un’ecologia dei rapporti che imponga rispetto per chi per troppo tempo è stato lasciato da solo. E’ forte e crescente la richiesta di attenzione e di rispetto che giunge dai sindaci, che proviene dalle regione del Sud. Stiamo vivendo la crisi più grave che il nostro Paese ha attraversato dal secondo dopoguerra in poi, ma nei territori la stiamo affrontando con grande senso responsabilità e con grande dignità, combattendo strenuamente sulla prima linea dei territori. Ma abbiamo bisogno di certezze e non di confusione. Abbiamo bisogno di risorse e strumenti concreti, non di parole, per affrontare l’oggi e dire a chi è più debole che non sarà lasciato indietro; e allo stesso tempo poter dire ai nostri giovani che un futuro al Sud è ancora possibile. Abbiamo bisogno più di ogni altra cosa di rispetto, e vorrei che questa parola risuonasse forte in quest’Aula, oggi, quando si parla dei Sindaci e delle nostre regioni del mezzogiorno. “Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia”, così scriveva Tommaso Campanella. Non vogliamo e non possiamo essere, ancora una volta, vittima di ipocrisia e di ignoranza. Non abbandonate i Sindaci, non abbandonate il Sud !