SVIMEZ, LA CALABRIA SPROFONDA ANCORA-PRODOTTO INTERNO A -8,9%, FUGA DAL SUD ( Fonte:Calabria.live )
Pubblicato il 24 Novembre 2020 | da Redazione Fonte: CALABRIA .LIVE
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La Calabria sprofonda, lo certifica la Svimez con la presentazione del suo rigoroso rapporto sul Mezzogiorno. Il quadro presentato dal Rapporto Svimez è davvero preoccupante: la Calabria, nell’anno del Covid-19, perde l’8,9% del Prodotto Interno Lordo e le prospettive per l’anno del Covid non sono decisamente rosee: crescita marginale e continua fuga dal Sud.
Il Rapporto, presentato dal direttore della Svimez, Luca Bianchi, ha visto gli interventi del presidente, Adriano Giannola, e del ministro per il Sud e la Coesione Sociale, Giuseppe Provenzano e prevede che, per il 2021, in Calabria il Pil crescerà marginalmente (+0,6%), anche se si tratta di una «ripartenza frenata». Insieme alla Calabria, Sicilia (+0,7%), Sardegna (+0,5%), Molise (+0,3%).
«Si tratta – si legge nel Rapporto – di segnali preoccupanti di isolamento dalle dinamiche di ripresa esterne ai contesti locali, conseguenza della prevalente dipendenza dalla domanda interna e dai flussi di spesa pubblica».
Per quanto riguarda il Mezzogiorno, invece, il Rapporto individua tra le regioni più reattive la Basilicata (+2,4%), Abruzzo e Puglia (+1,7%) seguite dalla Campania (+1,6%), «confermando la presenza di un sistema produttivo più strutturato e integrato con i mercati esterni».
Un altro dato negativo arriva per quanto riguarda la popolazione: «nel 2018 si sono cancellati dal Mezzogiorno oltre 138mila residenti, di cui 20 mila hanno scelto un paese estero come residenza, una quota decisamente più elevata che in passato, come più elevata risulta la quota dei laureati, un terzo del totale».
«Il flusso di emigrati dal Sud verso il Centro-Nord – si legge nel Rapporto – ha raggiunto nel 2018 circa 118mila unità, 7 mila in più dell’anno precedente»: la Calabria (14,8 mila) è la regione che presenta il più elevato tasso migratorio, 4,5 per mille, seguita da Basilicata (3,8 per mille) e Molise (3,5 per mille).
«Nel Mezzogiorno – riporta la Svimez – il pendolarismo fuori regione è decisamente più intenso che nel resto del Paese, nel 2019 è praticato da circa 240mila persone, il 10,3% del complesso dei pendolari dell’area a fronte del 6,3% nel Centro-Nord. Un quinto dei pendolari meridionali (57 mila unità) si muove verso le altre regioni del Sud; i restanti quattro quinti (185 mila pari al 3% degli occupati residenti) si dirigono verso le regioni del Centro-Nord o i paesi esteri».
Per quanto riguarda il lavoro, la Svimez «stima una riduzione dell’occupazione del -4,5% nei primi tre trimestri del 2020, il triplo rispetto al CentroNord. E si attende una perdita di circa 280mila posti di lavoro al Sud. La crescita congiunturale dell’occupazione era già modesta, la ricerca di lavoro in diminuzione e l’inattività in aumento».
Un altro dato rilevato, sono gli ampi divari di cittadinanza: «la sanità meridionale era una zona rossa già prima dell’arrivo della pandemia, come dimostrano i punti Lea – Livelli essenziali di assistenza e la spesa sanitaria pro capite».
Se si guardano i Lea, infatti, la Svimez ha evidenziato come nel 2018 «ultimo anno per il quale sono disponibili i risultati ed è anche il primo in cui tutte le regioni monitorate risultano adempienti, raggiungendo il punteggio minimo di 160. La distanza tra le regioni del Sud e del Centro- Nord è marcata, oscillando tra valori massimi di 222 punti del Veneto e 221 dell’Emilia -Romagna e i minimi di 170 di Campania e Sicilia e di appena 161 della Calabria».
«Per comprendere meglio – continua la Svimez – cosa si nasconda dietro queste differenze nei punteggi Lea in termini di impatto concreto sulle opportunità di cura dei cittadini, è utile guardare ad alcuni indicatori sull’accesso a particolari servizi sanitari. Drammatico è, ad esempio, lo squilibrio tra regioni italiane nelle attività di prevenzione. L’indicatore sintetico che misura la partecipazione della popolazione target ai programmi regionali di: screening mammografico per il tumore al seno; di screening per il tumore della cervice uterina; per il cancro del colon retto. Evidenzia uno score pari a 2, per la Calabria, mentre Liguria, Veneto, Provincia Autonoma di Trento e Valle d’Aosta sono le regioni con il punteggio più alto, pari a 15».
Altro aspetto drammatico, il divario scolastico e formativo, già evidente nei servizi per l’infanzia: «I posti autorizzati per asili nido rispetto alla popolazione sono il 13,5% nel Mezzogiorno ed il 32% nel resto del paese. La spesa pro capite dei Comuni per i servizi socioeducativi per bambini da 0 a 2 anni è pari a 1.468 euro nelle regioni del Centro, a 1. 255 euro nel Nord-Est per poi crollare ad appena 277 euro nel Sud. Nel Centro-Nord, nell’anno scolastico 2017-18, è stato garantito il tempo pieno al 46,1% dei bambini, con valori che raggiungono il 50,6% in Piemonte e Lombardia. Nel Mezzogiorno in media solo al 16%, in Sicilia la percentuale scende ad appena il 7,4%».
«Infine – si legge nel Rapporto – il Sud presenta tassi di abbandono assai più elevati: nel 2019, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, gli early leavers meridionali erano il 18,2% a fronte del 10,6% delle regioni del Centro-Nord. In cifra fissa si tratta di 290mila giovani. Valori più elevati si registrano nel Mezzogiorno sia per i maschi (21% a fronte del 13,7% del Centro-Nord) sia per le femmine (16,5% a fronte del 9,6% del Centro-Nord)».
Per quanto riguarda le Politiche di Coesione, la Svimez ha rilevato una «forte disomogeneità tra Programmi. In termini di pagamenti a valere sul Fesr appaiono in maggiore ritardo i Por delle Marche, dell’Abruzzo, della Calabria, sul Fse invece appaiono particolarmente in ritardo i programmi di Sicilia, Campania e Abruzzo».
Per la Svimez, nel Mezzogiorno, per quanto riguarda le infrastrutture e investimenti di opere pubbliche, «un sostanziale e straordinario cambiamento di prospettiva si può realizzare con le risorse di New Generation Eu, grazie alle quali si potrebbe raggiungere e superare entro il 2024 un livello di investimenti pubblici superiore al 3% del Pil». Nel ranking regionale europeo, infatti, «la regione del Mezzogiorno più competitiva è la Campania, ma posizionata quasi a metà graduatoria (100° su 263), seguita da Puglia (143°), Calabria (175°), Sicilia (161°), Abruzzo (176°), Sardegna (203°), Basilicata (234°) e Molise (245°)».
«Il Rapporto – spiega la Svimez – si sofferma su alcune proposte per cogliere appieno l’occasione offerta dalla condizionalità «buona» europea di orientare gli investimenti agli obiettivi della coesione economica e sociale e al sostegno alla transizione verde e digitale. Temi che esaltano il contributo del Mezzogiorno alla ripartenza. Con due priorità. Va innanzitutto riavviato un percorso sostenibile di riequilibrio nell’accesso ai diritti di cittadinanza su tutto il territorio nazionale: salute, istruzione, mobilità».
«In secondo luogo – prosegue la Svimez – non può essere più rimandata la definizione di un disegno unitario di politica industriale per valorizzare la prospettiva green e la strategia Euro-mediterranea. Un contributo da Sud alla ripartenza del Paese lo può dare il Quadrilatero Zes nel Mezzogiorno continentale, Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro, da estendersi alla Sicilia. E poi, agroalimentare, bioeconomia circolare, green deal, a partire dal caso dei rifiuti sono occasioni per trasformare i ritardi in un’opportunità». (rrm)
In copertina, il direttore della Svimez, Luca Bianchi.