LE ANIME BELLE DEL “ FRIDAY BLACK “ E DELLE PISTE DA SCI….
Ha una sua legittimazione umana e logica l’affermazione che se è vero che non si vuol morire di Covid non si può nemmeno “ morire di fame”. Il problema allora è come contemperare la lotta al virus. ovvero il contenimento dei contagi, con il mantenimento delle attività produttive e commerciali e, quindi, del lavoro.Non è facile e con il problema si sta misurando il fior fiore dei cervelli di cui disponiamo “ in house”, cioè che non hanno preso la via dell’estero dove sono accolti a braccia aperte.
Intanto dovremmo stabilire, con procedure affidabili, quali sono i soggetti esposti “a morire di fame”, a quali categorie reddituali appartengono se è vero che ai risarcimenti della “prima ondata” hanno avuto accesso notai, commercialisti, parlamentari, titolari di partita IVA con annessi e connessi. I veri poveri, gli indigenti non sono compresi in un elenco nazionale o regionale.Forse i Comuni, in quanto a diretto contatto con la popolazione amministrata, sono in grado di individuare i poveri e gli indigenti autentici. Non a caso Nicola Gratteri, che conosce bene il marcio che si annida là dove la burocrazia comanda, ha proposto che siano i Comuni, sotto il controllo dei Prefetti e con l’impiego delle forze dell’ordine, ad assegnare e distribuire i bonus e gli aiuti a chi ne ha bisogno. Così come i sindacati potrebbero essere coinvolti nel controllare che alla cassa integrazione abbiano accesso lavoratori effettivi e non inventati o strumentalizzati.
Bisogna partire dal presupposto che se il virus colpisce indiscriminatamente senza risparmiare nessuno- democraticamente dice spiritosamente qualcuno-è anche vero che economicamente non colpisce tutti allo stesso modo.Se uno dispone- per esempio- di 100 mila euro accantonati in banca ha certamente diritto di essere curato e guarito ma,forse, non rientra fra i poveri e gli indigenti né vi può rientrare chi è titolare di seconde case, immobili,barche, macchine di lusso e rendite di posizione. Tutt’al più si può riconoscere a questi soggetti una agevolazione nel pagamento di tasse e tributi , rateizzando o comunque spostando il saldo a pandemia finita e a “ripresa” incominciata.
Invece, a quanto pare, nel nostro Paese sono spariti i ricchi, i benestanti e i “garantiti” dal momento che non c’è categoria che non avanzi richiesta di bonus e di aiuti. Tutti poveri e “rovinati” dal blocco anti-virus. Sarebbe interessante conoscere i titolari dei conti correnti e di quella montagna di risparmio privato accumulato nelle banche che fa da garanzia, agli occhi del mondo finanziario, ai 2mila e cinquecento miliardi di debito pubblico.Non insultiamo la povertà !
E veniamo brevemente ai patiti dello shopping del “venerdi nero” e a quegli infelici inconsolabili che per questo Natale,oltre che senza cinepanettone, non potranno invadere le piste da sci. Come si fa a rinunciare alle piste da sci in una situazione in cui più di 50 mila di esseri umani sono morti dentro e fuori gli ospedali di quel servizio sanitario che –a detta di qualcuno-ci viene invidiato dai Paesi che sono in competizione con l’Italia? E i medici e gli infermieri che ci hanno lasciato la pelle ? E quelli che, in un silenzio di dolorosa complicità, se ne sono andati perché, codice di guerra alla mano, fra un settantenne e un cinquantenne bisognava scegliere chi sacrificare ?
Al di là delle colorazioni giallo, arancione e rosso e al loro mutare nelle realtà regionali si continua a contagiare e a morire. I contagi si possono in qualche modo nascondere e manipolare ,i morti no. E i morti vengono dai contagi che a loro volta vengono dagli assembramenti e dal non rispetto delle misure di sicurezza, mascherina in primis. E che dire allora di coloro, soprattutto giovani, che abbiamo visto venerdi andare all’assalto dei punti vendita del “black Friday “, perché si comprava con grandi sconti? Fatto l’acquisto poi si tornava a casa non disponendo di alcun elemento per potere escludere di essere portatore,asintomatico o meno, del virus assassino.
E se, riaprendo i negozi, la gente corre a fare gli acquisti natalizi non si tratta certo di poveri e di indigenti. E sarebbe oltremodo positivo se all’apertura dei negozi corrispondesse una ripresa del commercio e della relativa occupazione senza pagare pegno al virus ma è sufficiente osservare le immagini che scorrono nelle cronache televisive per constatare quanti sono quelli che la mascherina la indossano simbolicamente atteso che o la tengono sopra il mento o lasciano scoperto il naso.Ignoranza?Spavalderia? Calcolo cinico?
Dilaga un luogo comune secondo il quale da questa pandemia ne usciremo tutti cambiati e che “nulla sarà come prima”. Per i rischi che contempla,la corsa irridente e spregiudicata delle “anime belle” allo shopping, unitamente all’invocazione dolente di riaprire le piste da sci, danno la certezza che il virus effettivamente ci ha cambiato.In peggio e non sarà gratis né se ne sentiva il bisogno.