“DECRETO 2” CALABRIA: ECCO PERCHE’ DICO NO….
Signor Presidente, Onorevoli Colleghi
mai come ora sento l’orgoglio e la responsabilità di essere Sindaco e, al contempo, come Senatore della Repubblica calabrese non posso che sentirmi mortificato e deluso da un Governo che, di fatto, sembra aver dimenticato e abbandonato la Calabria. Una Calabria considerata sempre di più Cenerentola di Italia. Ancora una volta l’Istat – ad esempio – ci racconta di un Sud e di una Calabria spoglia di servizi, in cui gli ultimi continuano a restare ai margini, immersi in una lotta per la sopravvivenza, dove diritti primari come quelli al lavoro, alla salute e all’istruzione non riescono a trovare piena realizzazione.
Come ho già avuto modo di dire, sono Sindaco di Diamante, un Comune Calabrese dell’Alto Tirreno Cosentino, e sono solo uno fra i tanti sindaci che quotidianamente indossano la fascia tricolore con quella passione e quella determinazione, indispensabili per affrontare il difficile percorso amministrativo e che, in trincea, giorno e notte, si impegnano al massimo, senza le risorse necessarie di cui hanno diritto, ma con tutta la forza e l’energia che possiedono, facendo il possibile e anche l’impossibile per i propri cittadini che vedono in loro l’unico vero e fondamentale punto di riferimento a cui aggrapparsi e rivolgersi per ogni esigenza, specialmente in questo periodo .
Oggi più di ieri, noi sindaci siamo alle prese con la difficoltà di far quadrare il difficile equilibrio tra domanda dei cittadini e offerta pubblica. Ci misuriamo con piccoli e grandi problemi della nostra gente, ascoltiamo la loro disperazione, cerchiamo di rielaborarla in soluzioni e, soprattutto, non ci voltiamo mai dall’altra parte.
E siamo sempre noi ad accogliere le ansie di ogni madre, le preoccupazioni di ogni padre, le inquietudini di ogni ragazzo, le aspirazioni e i progetti di vita di ogni giovane; a raccogliere il grido di aiuto di uomini, donne, anziani, giovani e purtroppo bambini costretti a lasciare la Calabria e ad affrontare l’esodo sanitario verso gli ospedali del nord, un calvario personale e familiare per farsi curare da malattie oncologiche o sottoporsi a visite specialistiche o a operazioni chirurgiche.
Era questo il senso e il motivo del mio Emendamento al “Decreto Calabria” in cui proponevo di istituire, all’interno della struttura commissariale della sanità un organo formato dai sindaci, con poteri di controllo e di proposta. Ma, allo stato dei fatti, quell’Emendamento, non solo mio ma che ha la voce, il volto e l’anima dei sindaci della Calabria è stato stravolto totalmente e privato della parte in cui si prevedeva un diretto coinvolgimento dei sindaci calabresi nella filiera di comando della struttura commissariale alla sanità. Mi sono a lungo speso perché questa parte normativa venisse inserita nel Decreto, convinto che le amministrazioni locali siano le sole a conoscere i reali servizi sanitari sui territori e, quindi, in grado di contribuire a una concreta risoluzione delle tante questioni aperte della sanità calabrese.
Purtroppo, questa norma è stata inopinatamente stralciata e ciò dovrebbe preoccupare l’intera delegazione dei senatori calabresi, quantomeno di coloro che appartengono al centrosinistra e alla maggioranza di Governo. Sono questi i temi su cui si misura la qualità dei gruppi dirigenti, di chi nutre l’ambizione di governare la Calabria e di chi ha veramente a cuore il destino della regione.
Lo dico con grande sofferenza, soprattutto guardando al dibattito che sta prendendo piede in Calabria in vista delle elezioni regionali: un confronto completamente sganciato dalla realtà, privo di contenuti e solo finalizzato all’autoconservazione.
Il passato ci insegna che una classe politica, conservatrice e preoccupata di difendere lo“status quo” è capace solo di scrivere le pagine più brutte della nostra storia sia a livello nazionale che regionale.
Il futuro ci sollecita a lanciare un segnale di grande maturità e coerenza, dando dimostrazione di avere nel cuore e nella mente solo ed esclusivamente il bene e la crescita della nostra Nazione di cui fa parte, non dimentichiamolo, anche la Calabria, una terra dalla storia millenaria, che coincide con quella dell’umanità, dove si respira l’anima di un’antica civiltà che vive in una cultura che è storia, che è Magna Grecia, che è Italia. Una regione, già in ginocchio economicamente e socialmente di suo, che così rischia di ricevere il colpo finale con un Decreto vacuo e vuoto che non riesce a garantire il diritto costituzionale alla salute, livelli di assistenza, di prevenzione e cura pari alle altre regioni, a colmare il profondo divario tra Sud e Nord, a ripianare i debiti esistenti, a contemplare risorse per investimenti in capitale umano né tantomeno in tecnologie.
Pertanto, proprio per tutelare fino in fondo i diritti dei calabresi, sono mio malgrado costretto a votare no al Decreto Calabria.
Se votassi il testo del Decreto Calabria, così come è stato modificato nei lavori parlamentari alla Camera, tradirei me stesso, la mia gente, le mie radici, la mia storia,i miei ideali. Quegli ideali che ho scelto di servire da quando avevo 14 anni, mettendoci non solo la faccia ma anche il cuore, agendo per il bene e nell’ esclusivo interesse della collettività.
Questo Decreto doveva rappresentare una svolta per la sanità in Calabria. In realtà si tratta di una norma anemica che non cura i mali prodotti da una gestione nefasta dei governi regionali prima e a partire dal 2010, data del commissariamento calabrese,un’amministrazione inconcludente, parolaia, superficiale e senza bussola, dello Stato Italiano. Questo Decreto doveva esaltare il ruolo dei sindaci, invece li umilia e contemporaneamente li manda in prima linea a mani nude. In più, l’attuale pandemia ha aumentato a dismisura il peso di chi ha l’onore e l’onore di indossare la fascia tricolore, riservata non ai Parlamentari , non ai Presidenti di Regione, non ai Ministri , non al Presidente del Consiglio ma solo ed esclusivamente ai primi cittadini delle martoriate comunità.
In questo Decreto non viene valorizzata la funzione fondamentale dei rappresentanti veri , autentici del territorio , come avevo chiesto a gran voce in rappresentanza di tutti i sindaci calabresi , anzi viene tolto anche quello che il Decreto legge 502 e le successive modifiche avevano previsto.
Un esempio per tutti: viene, di fatto, svuotato il parere preventivo sulla nomina dei direttori generali che la conferenza dei sindaci doveva esprimere.
È un Decreto che non prevede in maniera puntuale e precisa i requisiti specifici e attinenti al settore che deve possedere il commissario regionale, che non individua i titoli che devono avere i componenti della sua catena di comando, che si muove sulla linea sottile dell’incostituzionalità perché incide profondamente suoi delicati equilibri che tengono insieme lo Stato e il regionalismo.
Un Decreto, questo, che rappresenta uno sfondamento dei poteri istituzionali in capo al rappresentante della collettività calabrese cioè il Presidente della Regione.
Uno sfondamento costituzionale che proviene da chi si è battuto senza ragione contro la riforma costituzionale in virtù di presunti valori che prima difendeva legittimamente e oggi vuole tradire in maniera strisciante e silenziosa.
È vero che la situazione sanitaria è emergenziale in Calabria, lo Stato, però da più di dieci anni governa e amministra tale realtà e non può immaginare di scaricare sulla Calabria sia politicamente ma soprattutto economicamente i disastri finanziari.
Nel Decreto c’è in verità un tentativo di intervento economico , ma è timido e insufficiente. Lo Stato deve addossarsi tutto e per intero il disavanzo degli ultimi dieci anni, perché tale disavanzo è frutto della gestione dello Stato stesso attraverso i suoi commissari.
Con questo Decreto si vuole governare per sempre la Calabria attraverso la sanità. Di fatto si stabilisce un principio che anche la moderna civiltà giuridica avanzata aborre. Il “fine pena mai”. Il “fine commissariamento” per la Calabria MAI!
Ed io, che sono cresciuto alla scuola di quella politica che parte dal basso, fatta con dignità, coerenza e trasparenza, in una piccola sezione di partito come in piazza, per il popolo e con il popolo, DICO NO!
È questo il modo di essere e fare politica, a cui ho sempre creduto, ispirandomi ad una donna tenace e coraggiosa, un grande esempio di passione e disinteressato impegno civile, culturale e sociale per la sua terra e in difesa dei diritti dei cittadini, in particolare delle fasce più deboli della popolazione. L’unica donna in Italia su 625 presidenti di USL, a ricoprire negli anni 80 il ruolo Presidente di una U.S.L. della Calabria , quella comprendente i territori dell’Alto Tirreno Cosentino, che nei suoi otto anni di attività nella sanità ho lavorato tanto per garantire servizi adeguati alla tutela della salute e rispondenti alle richieste dei cittadini.
E allora, quella donna, ci è riuscita, a differenza di oggi, in cui il diritto alla salute viene garantito con tagli e chiusure di strutture ospedaliere che paradossalmente peggiorano l’efficienza sanitaria e aumentano il deficit pubblico.
Quella straordinaria donna, è una calabrese, è Marianna Presta, mia madre, interprete autentica dei veri valori e dei più alti ideali della tradizione socialista, che incarna nella propria storia, la politica autentica, quella che mette al centro la persona e l’amore per la polis. La politica, in cui mi riconosco, a cui sono fiero di appartenere, con cui ho sempre operato, con cui sto svolgendo la mia attività di parlamentare e con cui amministro da Sindaco.
Ma se , come sembrerebbe, la politica sta diventando tutt’altra cosa, con l’amarezza di chi ha creduto e crede nel valore delle istituzioni, con la responsabilità civile e morale che appartiene alla mia cultura e coerenza di politico, di cittadino, di uomo libero e democratico, valuterò il mio ritiro dalla attività politica al termine della Legislatura Parlamentare e del mio mandato da Sindaco.
Mi sentirei decisamente a disagio all’interno di un così machiavellico e arido contenitore della politica !