NON E’ LA SOLITA CAMPAGNA ELETTORALE CONSOCIATIVA……
Covid permettendo, in Calabria si voterà l’11 aprile ma c’è chi spinge per andare al voto a giugno. Intanto prende quota la campagna elettorale e una accelerazione è prevista nel momento in cui Mario Draghi sarà partito col suo governo.Nonostante gli imprevisti da mettere in conto si può tuttavia provare a disegnare i possibili scenari.
Il centrosinistra a trazione PD si è tenuto “coperto”, limitandosi a promuovere una serie di “tavoli” che non hanno portato da nessuna parte. Il commissario Graziano pensava di poter ingabbiare Tansi e il suo movimento civico nella coalizione di centrosinistra ma non c’è riuscito, guadagnandosi un irriverente e allusivo accostamento a Mario Merola, il re delle sceneggiata napoletana.Trascorse alcune pensose settimane con l’occhio puntato sulla crisi di governo, senza attendere oltre i contorcimenti dei 5Stelle, si è deciso a lanciare la candidatura di Nicola Irto , “piddino” di allevamento già presidente del consiglio regionale al tempo dei fasti di Oliverio, sconosciuto al grande pubblico e, quindi, ottimo candidato per perdere, da tempo ormai una specificità degli strateghi del PD .
E’ andato avanti,invece, il movimento civico che ha come leader di riferimento Carlo Tansi, ex-responsabile della Protezione Civile proiettato a sconfiggere nelle urne le nomenclature e gli apparati dei partiti tradizionali, a destra e a sinistra, con le loro clientele e le rendite di posizione nella gestione consociativa della spesa pubblica. In parallelo, con analoghe e sovrapponibili finalità, si muoveva Luigi De Magistris, oggi sindaco di Napoli ma entrato nella storia della storia della Calabria con le inchieste di “Why Not” e “Poseidone” condotte da pubblico ministero e che, per essersi avvicinato troppo ai livelli alti della politica e del governo, gli sono costate l’abbandono della magistratura a seguito di un provvedimento disciplinare che-apprendiamo oggi da Luca Palamara in un libro-intervista- era ispirato dal presidente della repubblica del tempo,Giorgio Napolitano.
Tansi e De Magistris , procedendo separati, erano destinati a elidersi a vicenda e, conseguentemente, a mancare entrambi il risultato. Si poneva il problema chi dei due dovesse fare un passo indietro e c’è voluta qualche settimana per maturare il convincimento che bisognava marciare e colpire insieme diversificando i ruoli futuri. Si è convenuto,così,che De Magistris corre per presidente della giunta e Tansi per la presidenza del consiglio.O vincono insieme o perdono insieme perché la presidenza della giunta implica di regola la conquista anche della maggioranza in consiglio cui spetta eleggere il presidente. Una prova, per entrambi, di maturità e realismo politico che dovrebbe convincere l’esitante 5Stelle a essere della partita.
Il centrodestra si è messo in stand by , condizionato dalle incertezze e dagli sviluppi dell’alleanza a livello nazionale, con Berlusconi che non ha chiesto il consenso degli alleati per dare il suo appoggio al tentativo di Draghi di formare il governo. Così come Salvini si è dovuto piegare alle pressioni degli imprenditori padani che non gli avrebbero perdonato di restare escluso nell’orientare la destinazione dei miliardi messi a disposizione dall’Europa. Giorgia Meloni è rimasta sulle sue posizioni e non sarà facile ricompattare il centrodestra a livello regionale.
In Calabria tutto dipenderà dalla piega che prenderà la campagna elettorale, dalle priorità e dalle aspettative che verranno messe sul tavolo del confronto politico. Tutto ruoterà presumibilmente intorno ai miliardi del “recovery plan” che dovrebbe destinare al Mezzogiorno un’alta percentuale delle risorse e che spiegabilmente accende gli appetiti di vecchie e nuove cricche della spesa pubblica.
Forse non è ancora a tutti chiaro che i miliardi di Bruxelles sono finalizzati a superare vecchi e nuovi squilibri, vecchie e nuove disuguaglianze che portano alla ribalta della scena politica lo storico dualismo nord-sud che ora l’Europa, nel suo interesse e per il ruolo da svolgere nel Mediterraneo, vuole superato. Il 70% dei miliardi “a fondo perduto” va ripartito sulla base di tre indicatori: la popolazione, il PIL pro- capite,la disoccupazione.Sotto questo profilo,purtroppo, abbiamo numeri incontrastabili.Vengono cioè al pettine storiche discriminazioni a vantaggio del nord produttivo e a danno del sud assistito, culminate nel marchingegno truffaldino della “ spesa storica” per cui al sud mancano ospedali,scuole,asili nido,trasporti,investimenti produttivi e, quindi, lavoro soprattutto per giovani e donne. E’ tempo,cioè, di superare la “ disuguaglianza “ per cui al nord si vive mediamente dieci anni in più del sud perché gli standard del servizio sanitario sono “diseguali”. Il bambino che nasce al sud non ha i servizi che hanno i bambini del nord, a cominciare dagli asili-nido, così come i ragazzi che vanno a scuola nel sud ricevono, in termini di spesa pubblica, un terzo di quanto i governi nazionali destinano ai ragazzi del centro-nord . Nella Bologna del “compagno” Bonaccini per ogni cittadino vengono impiegati 85 euro nell’assistenza sanitaria, a Reggio Calabria solo 15 euro.
Finalmente,dunque, i nodi vengono al pettine per volontà dell’Europa non dei governi nazionali.Sia chiaro. I governi nazionali , sia di destra che di sinistra, hanno consentito che al Sud venissero sottratte risorse previste dal “fondo perequativo nazionale” col quale si dovrebbero compensare i fragili assetti economico-produttivi delle regioni più deboli. In 10 anni, con l’imbroglio della spesa storica, hanno sottratto al Sud circa 60 miliardi.
Ecco perché questa campagna elettorale in Calabria è diversa dalle altre.Si va incontro a un regolamento di conti con l’egemonia padana della macchina produttiva del Paese, definita “la locomotiva d’Italia”.Bruxelles è pervenuta alla conclusione che per superare i danni prodotti dalla pandemia in Italia bisogna unificare il Paese negli investimenti e nei servizi, superando i differenziali accumulati.Si chiama “coesione” che deve essere economica e sociale, per fare forte l’Italia che deve fare forte l’Europa. Non è battaglia che si può affidare, sia a Roma che a Reggio che a Catanzaro, alla rappresentanza politica collusa e subalterna alle segreterie nazionali che, per ragioni di carriera e convenienza, hanno tradito le ragioni e i diritti del sud con il loro silenzio se non con la loro complicità.