ELEZIONI REGIONALI FRA CHIACCHIERE DISTINTIVI E NUMERI…

E’ una campagna elettorale confusa, fatta di colpi di scena che non mutano lo scenario di fondo. Siamo ancora alla fase delle candidature con un gioco al massacro dentro e fuori i partiti per le posizioni in lista. Al momento la campagna elettorale scorre lungo il vecchio schema bipolare sinistra- destra non percependo che questo schema non risponde più alla domanda politica del corpo elettorale.

Pensare che un calabrese responsabile del ruolo che ha la politica per affrontare e risolvere i problemi si possa entusiasmare se a vincere sarà Roberto Occhiuto, Amalia Bruni o Luigi De Magistris vuol dire avere una percezione errata ed agonistica di quello che si muove nel corpo sociale della Calabria. Si vota per il rinnovo del consiglio regionale e l’elezione del presidente della giunta che avrà la responsabilità di formare e guidare la squadra di governo per 5 anni di legislatura.

Il coronavirus e la pandemia che ha colpito la Calabria sia pure ,con minore violenza di altre realtà, ha tuttavia messo in evidenza il disastro del servizio sanitario nelle sue strutture e articolazioni territoriali dopo oltre 10 anni di gestione commissariale seguita ai disastri delle giunte di centrodestra e centrosinistra che si sono succedute negli ultimi 20 anni.

La Calabria non è una regione in affanno ma la regione che certamente ha il primato in quelle che gli studiosi della materia chiamano”diseguaglianze della salute”, nel senso che in Calabria non è che mancano soltanto le alte specializzazioni ma si vive al di sotto dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Con una spesa sanitaria incontrollata, esposta alle incursioni fameliche di lobby e clientele connesse alla malapolitica, si è arrivati ad una posizione debitoria non più sanabile e che ha reso necessario l’intervento del governo nazionale con la nomina di commissari.

Ma non è qui che vogliamo trattare l’inutilità e l’incapacità nonché l’incompetenza dei commissari che si sono succeduti sino ad oggi . Si vuole, invece, mettere in evidenza che i calabresi hanno imparato sulla propria pelle cosa significa mal governare una regione e dilapidare la spesa pubblica, chiudendo ospedali nati con logiche elettoralistiche e costi insostenibili senza sostituirli con strutture alternative calibrate sulla domanda di salute del territorio interessato. Il diritto alla salute in Calabria non esiste mentre esiste la migrazione sanitaria negli ospedali del nord che costa alle casse regionali circa 300 milioni all’anno. Una rendita di posizione per la sanità lombardo-padana.

Non solo 18 ospedali sono stati chiusi ma si è tagliato in modo orizzontale, per risparmiare sulla spesa, il personale medico e paramedico , non sono stati fatti i bandi per le nuove assunzioni, la medicina territoriale non esiste e le case della salute come le RSA o non esistono o sono oggetto di indagini giudiziarie per come vengono gestite. A margine di questa realtà i calabresi hanno acquisito che il diritto alla salute , Costituzione alla mano, non è uguale per tutti tant’è che l’aspettativa di vita, nel sud in genere e in Calabria in particolare, è 10 anni in meno rispetto al nord.

Ma non è tutto e si spiega perché. Nella democratica Bologna la spesa sanitaria per cittadino è di 84 euro laddove a Reggio Calabria è di 15 euro. Questo differenziale nord sud non cambia se ci riferiamo ai servizi essenziali quali scuola, trasporti , asili nido e welfare in generale. Una discriminazione questa che è nota ai governi nazionali, sedicenti di destra o di sinistra e che ha il suo cardine politico nella criminale trovata della “spesa storica” inventata da quel mancato statista, odontoiatra di lotta di governo, al secolo Roberto Calderoli, senatore della Lega e personaggio folkloristico per la t- shirt contro l’Islam e il falò di cartastraccia per millantare il merito di aver cancellato delle leggi inutili.

La spesa storica, autentica vergogna nazionale , ha avuto complici le rappresentanze parlamentari delle regioni meridionali come sempre prone alle direttive delle segreterie nazionali dei rispettivi partiti e ripagate con miserabili compensazioni di carriera. Oggi abbiamo imparato tutti che c’è il Recovery Plan o PNRR che sono circa 240 miliardi messi a disposizione del nostro paese dall’Europa per rilanciare l’economia ma soprattutto per realizzare la coesione sociale che dall’Unità ad oggi ha è mancata dividendo il paese in un nord, considerato efficiente e produttivo, e un sud, assistito e parassitario.

E’ Bruxelles a dirci che la coesione delle due Italie e il superamento dei differenziali sono strategici per il ruolo e il peso dell’Italia e dell’Europa nel cuore del Mediterraneo. Il Mezzogiorno cioè, con i miliardi dell’Europa ,si gioca la carta decisiva per uscire dal sottosviluppo e mettersi in parità col Nord.

Per contro la campagna elettorale avviata in Calabria e controllata da Roma è del tutto silente sulla posta in gioco e si snoda nella stucchevole contrapposizione centrodestra-centrosinistra a fronte di migrazioni elettorali e salti della quaglia da uno schieramento all’altro. Si briga e ci si lancia contumelie per accordi falliti, alleanze negate, in una competizione del tutto surreale fra le nomenclature di partito nella consapevolezza che non si potrà andare oltre la conquista dei seggi riservati in consiglio all’opposizione. Dove la confusione regna sovrana è nel PD che , sordo ad ogni istanza di rinnovamento, ostaggio delle “statue di sale” e delle maschere della vecchia politica, perde pezzi della propria rappresentanza e della propria storia ignorando le sollecitazioni ad aprire il partito a nuove energie, nuove passioni,nuove militanze e tanta aria nuova.

Bisogna essere superbamente maldestri per bruciare in sequenza candidature come quelle di Nicola Irto, Enzo Ciconte, Maria Antonietta Ventura e non è da escludere, ultima, quella di Amalia Bruni, vittima sacrificale di una partita che il PD sta giocando a perdere. Col voto inevitabilmente frantumato a sinistra, fra Amalia Bruni e Luigi De Magistris , sondaggi a parte, per il centrodestra e Roberto Occhiuto sarà un “red carpet” verso la presidenza della giunta regionale . Di tanto sono consapevoli sia ai vertici del Pd che nelle frange governiste del M5Stelle ma si chiacchiera di possibilità inesistenti di vittoria e si recita la commedia che vincere si può.Con quali numeri nessuno lo spiega mentre fake news e contumelie di contrapposizione dilatano le distanze ormai incolmabili fra quello che rimane del centrosinistra e le liste civiche che si vanno formando intorno alla candidatura di Luigi De Magistris. Ma anche lui deve realisticamente fare i conti con i numeri in una regione in cui soltanto il 45 per cento è andata a votare. E’ così che la sinistra commissariata fra chiacchiere distintivi e numeri va gioiosamente divisa verso la sconfitta.