Di come è stata ridotta la sanità in Calabria ormai sappiamo tutto dopo essere finiti sulle reti nazionali con i commissari nominati dal governo che balbettavano sulle inadempienze e le omissioni durante il loro mandato e consegnavano la Calabria, nel cosiddetto immaginario collettivo, alla raffigurazione di una regione perduta nelle sue emergenze e scardinata dal contesto nazionale per cui la negazione di diritti fondamentali, come il diritto alla salute,nella considerazione anche del Quirinale e di Palazzo Chigi, diventava un fatto scontato e irrimediabile. All’occorrenza c’è sempre l’alibi della ‘ndrangheta evocata come unica e designata responsabile di ogni nequizia , dello Stato e dell’antistato.
Per chi comunque non avesse avuto la possibilità di seguire sulle tv nazionali, sui quotidiani nazionali e, per la parte descrittiva, la stampa locale la narrazione del disastro della sanità calabrese c’è un libro- inchiesta, Luigi Pellegrini Editore, curato da Arcangelo Badolati e Attilio Sabato, rispettivamente capo-redattore della Gazzetta del Sud e direttore dell’emittente televisiva Teleuropa, che fornisce esaurientemente i dati e i contesti del disastro sanitario calabrese.
Il titolo del libro “ Disastro pandemico in codice rosso-La sanità calabrese tra mafie e paradossi “ riassume sufficientemente l’ampiezza dell’inchiesta che Badolati e Sabato hanno condotto attingendo a piene mani in atti ufficiali e vicende giudiziarie che documentano e supportano l’analisi impietosa che viene fatta , a tutti i livelli, della sanità calabrese che in occasione della pandemia ha rivelato tutto il marcio, politico e non, che l’ ha portata al disastro.Va dato atto ai due giornalisti di aver messo nero su bianco quanto fino ad oggi era risaputo ma soltanto a livello di addetti ai lavori, evidenziando ovviamente quanto di inimmaginabile è venuto fuori dai “tombini” che la pandemia ha fatto saltare.Una vergogna di Stato, con la Regione e le sue articolazioni ,politiche e burocratiche, infognata fino al collo a ridosso delle gestioni fallimentari , peggiorative e onanistiche dei commissari di nomina governativa.Un libro da tenere a portata di mano da esibire nei talk televisivi quando i politici di casa nostra cazzeggiano sul domani che verrà.
Per completezza di informazione va anche detto che in piena calura dell’anticiclone africano è stato presentato un istant-book da titolo “Disonorata sanità” a cura del consigliere regionale in carica Graziano De Natale il cui impianto narrativo è tutto nell’esperienza personale da lui vissuta di fronte a negligenze e omissioni dell’apparato sanitario che avevano il criminale effetto di produrre dolore e sofferenze ed evitabilissimi drammi.
Potremmo concludere ,quindi, che ne sappiamo abbastanza del disastro sanitario e che quello che sappiamo noi calabresi lo sanno anche a Palazzo Chigi, soprattutto il pallido ministro della sanità che ha la grande responsabilità di avere dato il colpo di grazia alla sanità calabrese già morente nominando commissario ad acta con pieni poteri Guido Longo di cui non si sa a tutt’oggi di che cosa si sia occupato e con quali risultati.Con un passato di super-poliziotto e di prefetto ci si aspettava almeno una bonifica della parte più limacciosa e costosa della sanità calabrese tanto più che , in audizione alla commissione antimafia, ha consegnato agli atti della commissione l’affermazione che “la sanità in Calabria è infiltrata dalla mafia e dalla massoneria deviata”.
Pur provenendo da un livello così alto di responsabilità l’affermazione non ha avuto a tutt’oggi seguito se non quello di mettere in difficoltà il presidente della commissione, il senatore Nicola Morra,eletto in Calabria e targato 5Stelle, che da quel giorno non è andato più a caccia di scandaletti di provincia.Non è dato sapere se Nicola Gratteri , procuratore antimafia,ha aperto un fascicolo dopo l’affermazione del commissario Longo ma per certo non può essergli sfuggita la “notizia criminis”. Non dovrebbe essere sfuggita nemmeno alla ministra dell’Interno e al ministro della Sanità e al Tavolo Adduce che da Roma segue da vicino le vicende sanitarie calabresi ma non succede nulla.Torna stucchevole l’abusato interrogativo se lo Stato c’è in Calabria e, se c’è, dove bisogna cercarlo