PRESENTATE LE LISTE MA NON C’E’ L’ODORE DEL SANGUE….
C’è una metafora che ricorre quando la lotta politica si fa dura ed è il richiamo all’ “ODORE DEL SANGUE” che appartiene alle leggi della giungla dove l’odore del sangue attesta la lotta in corso per il dominio e la sopravvivenza.
Non ci sono nemmeno, per restare nella metafora, eserciti contrapposti a darsi battaglia per la supremazia sul campo e il dominio del territorio.Ad osservare le liste,tutte le liste, si è porttati più realisticamente alla metafora di una affollata maratona in cui, scontata la partecipazione di massa,non è difficile prevedere l’ordine di arrivo.Il tragurado è destinato a rimanere consociativo, salvo imprevisti.
Il centrodestra, con Roberto Occhiuto candidato alla presidenza, parte favorito nei sondaggi ma deve ringraziare soprattutto chi, a sinistra, si è lasciato andare a pulsioni suicide. Una volta stabilita la modestia ed il tasso di intelligenza politica del commissario PD, cui si è innestata peggiorativamente la miopia politica del responsabile nazionale per gli enti locali, Francesco Boccia, il resto lo hanno fatto le risse interne fra potentati locali, i feudatari che hanno tenuto in ostaggio il partito screditandolo in cordate di potere fini a se stessi e alle loro ambizioni.
Con un PD ridotto,grazie alla gestione commissariale,a presenza ectoplasmatica del dibattito politico,era inevitabile arrivare alla scadenza elettorale nelle condizioni di frantumazione e faide interne che troveranno conferma nei numeri che usciranno dalle urne il 4 ottobre.
Del resto non mancano impietose valutazioni provenienti dall’interno dello stesso PD dove l’uscente consigliere regionale Francesco Pitaro giudica la gestione commissariale del partito “chiusa,settaria,direi per alcuni versi miserabile e culturalmente miope di un partito privo di visione e di intelligenza politica.
Ne farà le spese la povera Amalia Bruni,vittima cinicamente predestinata alla sconfitta,che potrà fare molto poco nelle urne consociative con il suo talento di neuroscenziata,i suoi successi professionali,la stima di cui gode,l’impegno civico e la riconosciuta vicinanza alle fasce deboli del corpo sociale. Amalia Bruni era la candidata ideale per un PD politicamente affidabile,eticamente inattaccabile,idealmente motivato e non ridotto, come gìà scriveva, governando Oliverio,il compianto Paolo Pollichieni,penna cambattente del giornalismo calabrese, sul Corriere della Calabria, in un editoriale dal titolo “Il PD calabrese è finito ( ma forse non lo sa)”.Ecco il passaggio:””Sono il partito dei fondi comunitari,del trasversalismo affaristico, degli ipermercati a 5 stelle,dei pellegrinaggi ginevrini alla corte di Aponte,della burocrazia mercenaria,delle consulenze addomesticate, del familismo amorale, delle concubine “usa e getta”,delle dame senza cavalieri e dei cavalieri con tante dame….”.A questo micidiale anatema nessuno ha mai replicato né in Calabria né da Roma.
Per Roberto Occhiuto, le sue sette liste e i leghisti di riporto sarà dunque una passeggiata conquistare la “cittadella” che oggi porta il nome di Jole Santelli. Salvo imprevisti che possono venire soltanto dalle liste di Luigi De Magistris se, come annunciato, porteranno l’attacco al cuore del sistema consociativo di potere che ha ridotto la Calabria a colonia delle gerarchie romane,buona per inglobare voti a buon mercato e per farvi svernare con laute indennità commissariali ex-generali ed ex-poliziotti.
Costoro in oltre 10 anni, nonostante fossero affiancati da una società di consulenza-la KPMG-costata fino ad oggi 11 milioni di euro, hanno completato,con la loro incapacità e inadeguatezza,il il disastro avviato con la “contabilità omerica” della spesa sanitaria dei governi regionali e proseguito con la chiusura di 18 ospedali,l’emigrazione verso gli ospedali del nord che costano annualmente alle casse regionali 300 milioni di euro circa.
Dicevamo dell’odore del sangue e degli imprevisti possibili se le liste messe in campo da De Magistris-e soprattutto lui personalmente-portano a fondo la rivoluzione dolce,non violenta che ha come unica arma la matita fornita al cittadino al seggio elettorale.
Il punto è come si arriva al voto del 4 ottobre, con quali battaglie,con quali appelli, con quali obiettivi,con quali impegni superando l’obsoleto schema destra-sinistra che nei fatti, non nei valori,non esiste più.De Magistris con le sue liste per battere Occhiuto e i suoi alleati deve prospettare nitidamente ai calabresi la Calabria che sortirà dalla sua rivoluzione non violenta,non commettendo l’errore di limitarsi a parlare del futuro che verrà e che può venire poiché ai calabresi che non vanno a votare interessa di più come si elimina la situazione in essere,rendendo inoffensivi coloro che ne sono responsabili e che si ricandidano nelle varie liste ricorrendo anche a famigli e parenti.
Il 56 per cento dei calabresi non è andato a votare alle ultime regionali perché ritiene che “ sono tutti gli stessi”,che fingono di farsi la guerra ma poi siedono allo stesso tavolo per spartirsi spesa pubblica e privilegi.Come rimproverarli se restano a casa e lasciano campo libero a quel 44 per cento che è fatto di apparati di partito,clientele, lobby affaristiche,feudatari degli enti pubblici e burocrazie asservite al potere politico?In quel 44 per cento si annida la malapolitica,la malasanità,la malaimprenditoria,la malaburocrazia e, considerate le infiltrazioni mafiose, la malacalabria.Si votano fra di loro e, a seconda dell’esito delle urne,si alternano consociativamente nel ruolo di maggioranza e opposizione.
Odore di sangue a parte, quel 56 per cento di calabresi che non va a votare vuol sapere chi ha ridotto la Calabria nelle emergenze che la soffocano,vuole sapere di chi è la responsabilità, politica e non, e vuole indicazioni nette e precise per non votare chi ha saccheggiato la spesa pubblica a vantaggio di clientele e interessi,occulti o meno occulti, a tutto danno della collettività e del possibile sviluppo della Calabria.A quel 56 per cento che resta a casa interessa sapere di chi sono le inadempienze e a chi vanno attribuite le ignominie del servizio sanitario, la mancata prevenzione degli incendi, il mare inquinato dai liquami,la crisi idrica che la Sorical non riesce a fronteggiare,la mancanza di tutti quei servizi primari di cui godono le regioni del Nord.
Fino ad oggi non un nome è venuto fuori. Spirlì e Longo, nonostante la loro responsabilità nella conduzione della pandemia,hanno goduto di un privilegiato silenzio sulle loro inadempienze ed oggi arrivano a denunciare che dietro i ritardi, le omissioni,i mancati bandi per l’assunzione di medici, c’è chi gioca sporco.Ma nomi niente perchè, nel “sistema”, lupo non mangia lupo.Stesso ragionamento vale per gli incendi che hanno devastato il territorio, i mari inquinati dai liquami fognari, con l’assessore regionale al turismo che ha cercato di far passare i liquami per un’alga infestante.Nessun nome per chi doveva controllare l’efficienza dei depuratori.
L’imprevisto,dunque, è se “Primavera della Calabria”, componente di spicco della squadra di De Magistris, come nelle “ primavere arabe,” si rivolge al mondo giovanile, dentro e fuori delle università, unica concreta possibilità di cambiamento anche perché possibili vettori del cambiamento all’interno delle loro famiglie.Il cambiamento,la rivoluzione dolce, lo scardinamento del sistema di potere consociativo ci può essere soltanto se i giovani prendono in mano il loro futuro e mettono ai margini chi un futuro fino ad oggi glielo ha rubato.(alp)