Terra disgraziata la Calabria, non si sa per quale maledizione le sia toccata la classe dirigente ( politica, amministrativa, burocratica… )più incapace,inadeguata,subcolta,arruffona, indifferente alla sua dimostrata incompetenza poiché l’incompetenza non pregiudica la conquista di posizioni di potere.Conta ben altro che la competenza. Conta far parte del sistema di affiliazione alle cordate di potere, contano i comparaggi con chi sta dentro le istituzioni, conta mettersi al servizio dei feudatari dei partiti, incardinare le carriere a chi ha più forza contrattuale, essere servili e disponibili quanto basta per potersi sentire in credito.
In una campagna elettorale tutte queste componenti del “sistema” entrano in gioco simultaneamente perchè la posta è alta,cioè il governo regionale, cioè la gestione di tutte le risorse disponibili ,regionali,nazionali ed europee destinate all’agricoltura,all’industria, al turismo,ai servizi, al sostegno alle fasce più deboli.
Lavoro,sanità,scuola,trasporti,gestione rifiuti,difesa dell’ ambiente i punti nodali della governance regionale sui quali i cittadini chiamati al voto dovrebbero potersi pronunciare una volta adeguatamente informati sulla situazione esistente.
Ebbene fino ad oggi non un solo candidato al consiglio regionale ha ritenuto di immettere nel dibattito elettorale l’analisi del bilancio, cioè l’articolazione della spesa pubblica, più precisamente in quali settori e con quali risultati sono stati spesi i soldi, gli obiettivi dichiarati e sistematicamente mancati.
In altri termini non basta, per esempio, da parte dei candidati richiamarsi alle carenze ospedaliere e ai disservizi emersi durante l’esplosione della pandemia, ben noti ai calabresi che li hanno vissuti sulla loro pelle, ma bisogna avere il coraggio di dire di chi sono le responsabilità, politiche innanzitutto senza tralasciare quelle istituzionali e burocratico- amministrative.Diversamente il cittadino elettore non sa chi deve premiare e chi deve impedire che torni in consiglio regionale, chi merita di tornarci per quello che ha fatto e chi è meglio che vada a fare danni altrove. Se verrà eletto per la prima volta, cosa dichiara di voler fare .
Parlarsi addosso, rinchiudersi nel perimetro della polemica fra partiti,contendersi chi è più a destra o a sinistra, chi è figlio di chi, da dove viene e dove vuole andare è tutt’altro di ciò che dovrebbe essere una campagna elettorale centrata riduttivamente su anomale e singolari conferenze-stampa , trasformate in assembramenti elettorali di sostenitori e collaboratori, sulla presenza in ovattati studi televisivi a chiacchiera alternata dove,però, molto dipende anche da chi fa le domande, affidata ai sorridenti manifesti murali a posa variabile,al volantino fac-simile e ,egemone su tutti gli strumenti di comunicazione elettorale per la sua pervasività, il “santino” con foto e indicazione di voto che, con i suoi percorsi carsici fra parenti, affini, conoscenti, amici a contatto col pubblico, negozi sotto casa,capi-condomini, leader di quartiere uno se li ritrova anche nel frigorifero di casa.
Per non dire dei voti a pagamento,contrattualizzati, cioè una somma pattuita per ogni voto che esce dall’urna in una determinata sezione.Se la ricompensa non è in denaro, possono essere bollette o tributi da pagare.Ovviamente ci si riferisce a chi si mette sul mercato e va a votare perché chi resta a casa e non va a votare si mette volontariamente e totalmente fuori dalla competizione.
Non è cosa da poco se, alle ultime regionali, il 56 per cento del corpo elettorale è rimasto a casa e soltanto il 44 per cento si è recato a votare.In quel 44 per cento c’è tutto il “sistema” con le sue articolazioni partitiche,burocratiche,istituzionali, le categorie produttive e sindacali, i lavoratori precari e socialmente utili, il variegato terzo settore e, con il loro peso determinante, le voraci clientele che pascolano nelle praterie della spesa pubblica.
Da qui aspettarsi che qualcuno dei candidati chieda a Spirlì e anche all’inutile commissario Guido Longo che fine hanno fatto i milioni messi a disposizione per creare posti in terapia intensiva , quelli per acquistare i ventilatori polmonari, quelli per contrastare la pandemia sul territorio è una pia e ingenua illusione.Tutti vogliono la fine indecorosa e fallimentare della gestione commissariale in sanità ma si guardano bene dal chiedere e dal chiedersi perché in Calabria si chiudono 18 ospedali e si pagano trecento milioni di euro agli ospedali del nord per i calabresi costretti a curarsi fuori regione.Detto nel linguaggio di un lord inglese: chi ci mangia e ingrassa.
E allora diciamolo chiaramente, a futura memoria, quando il nuovo consiglio comincerà ad operare nel solco di una consolidata pratica di potere in cui tutti loro ci hanno da guadagnare, a parte l’indennità di 15 mila euro al mese, non saranno giustificate lamentazioni e bestemmie da parte del popolo sovrano se la sua sovranità il popolo calabrese l’avrà esercitata per il 56 per cento rimanendo a casa lasciando campo libero a quel 44 per cento dove prevale e prevarrà sempre il “sistema” delle consorterie organizzate e dove il voto di opinione è destinato comunque a soccombere.E’ una questione di numeri.I calabresi si assumano la responsabilità di chi andrà a governare e, quindi,del loro futuro.