I PARTITI DELLE BANDIERINE E IL PARTITO DEI FESSI…..
La crisi di governo apertasi con la miopia politica di Conte e dei 5Stelle utilizzata per calcoli elettorali da Lega e Forza Italia segna nella storia della Repubblica il punto più basso di visione e responsabilità politica. Mettiamo da partela mistica santificatrice di Mario Draghi e atteniamoci al contesto internazionale, economico e politico, che connota e caratterizza la crisi.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa guidata da Putin non è perimetrabile ai confini del Donbass né alla sua proiezione sulla Crimea ma mette in discussione gli equilibri geopolitici globali e si configura come una minaccia reale alla sovranità e alla indipendenza dei Paesi che geograficamente gravitano sui confini con la Russia. L’Italia con l’UE viene coinvolta con un ruolo di primaria rilevanza grazie alla considerazione che le cancellerie occidentali nonchè Casa Bianca e NATO hanno di Mario Draghi per la competenza e la determinazione con cui ha contribuito ad elaborare le sanzioni contro la Federazione russa ed a sostenere la Resistenza del popolo ucraino, diventando di fatto l’ obiettivo delle reazioni risentite e delle reprimende degli uomini più vicini a Putin.
Ma diciamo che Conte e Salvini del prestigio guadagnato dall’Italia ai tavoli internazionali grazie a Draghi non riescono a coglierne l’importanza per il Paese,ossessionati come sono dai sondaggi e presi come sono dai piccoli calcoli di bottega a mettere bandierine sui balneari, i tassisti e il reddito di cittadinanza nella versione “divano”. I vedovi inconsolabili dei governi Conte come Marco Travaglio e il suo “Fatto Quotidiano” non pensavano che le grandi testate europee e d’oltre oceano avrebbero tributato a Draghi apprezzamenti motivati per il suo ruolo all’interno dell’UE e della NATO. Travaglio, che ha una storia professionale di cronista giudiziario, posseduto dal mito di Indro Montanelli che cerca di imitare con i maglioni girocollo e con le giacche di velluto, con i suoi rancorosi editoriali contro Draghi ha cercato di lederne prestigio,risultati e statura a fronte di testate come il Washington Post,il New York Times, il Wall Street Giornal, il Financial Times, El Pais-per citarne soltanto alcuni- che riconoscevano senza sbavature il ruolo svolto da Draghi. Ma,probabilmente,la performance che più avrà fatto soffrire i Travaglio, i Casalino e gli antidraghisti di complemento è la imprevedibile standing ovation tributata dallo stesso Parlamento a Draghi nel momento in cui annunciava di andare al Quirinale a riferire a Mattarella.
E’ deciso, si vota il 25 settembre e si torna ai selphie di Salvini nei mercatini rionali, ai sughi star che predilige,alle madonne di cui millanta la protezione, alle giaculatorie mattutine su facebook, alla lotta ai migranti, alla difesa di chi non ha pagato le tasse e vuole la rottamazione delle cartelle esattoriali da far pagare alla fiscalità generale, cioè agli italiani che pagano le tasse.
Quanto a Berlusconi, l’uomo di plastica più noto nelle cancellerie dei tribunali che nelle cancellerie delle democrazie occidentali, è rientrato in scena con due promesse che ricordano le dentiere per gli anziani e un milione di posti di lavoro. Questa volta promette le pensioni minime portate a mille euro e un milione di alberi da piantare per la transizione ecologica. Per le pensioni a mille euro servono più di 70 miliardi, per un milione di alberi non ha spiegato come,dove , quando e chi deve piantarli .Si è lasciato convincere da Salvini che la vittoria del centrodestra è a portata di mano e non bisogna sprecare l’occasione. Con la Meloni si farà un accordo al 33% per la spartizione del bottino se le urne confermeranno i sondaggi. Il che è tutto da vedere se è vero che soltanto tre italiani su 10 sono favorevoli alla crisi che Lega e Forza Italia hanno aperto. Deve averlo capito Berlusconi il quale,senza pudore, piagnucola che non è lui che ha affossato il governo Draghi ma è Draghi che “ne aveva piene le scatole”.Analisi brianzola semplificata di un imprenditore “pregiudicato “la cui cultura di governo resta consegnata alle gaffe e al discredito che ha accumulato nella sua irresistibile ascesa alla guida del Paese.
Ma non bisogna dare soltanto a Salvini e Berlusconi la responsabilità dell’affossamento del governo Draghi perchè il PD, sotto la guida di “Stai sereno,Enrico” ha contribuito non poco a fare il gioco di Salvini e Berlusconi, arroccandosi nella difesa di Conte e del M5Stelle e non tanto per salvare il “campo largo” quanto per rendere possibile la condizione posta da Draghi e cioè la partecipazione del M5Stelle al nuovo patto di maggioranza. Per Lega e Forza Italia è’ stato un giochino da ragazzi mettere la pregiudiziale che un governo era possibile soltanto senza i 5Stelle e così il “papeete 2” è stato servito. Non solo. Letta non ha talento politico e lo perseguita la smorfia che lo immortalò quando dovette consegnare la campanella a Matteo Renzi che gli succedeva ghignante alla guida del governo. E’ un docente universitario, allievo di Beniamino Andreatta, non uno dei migliori, poco intraprendente e sempre con un’aria di chi aspetta qualcosa che non si sa da dove deve venire. Copre col silenzio la sua ignavia politica, comunica male, non ha appeal e ,meno che mai carisma. Zingaretti, prima di lui alla guida del PD, era un fantasista al suo confronto.
Enrico Letta il massimo che ha prodotto sono le “agorà”,una specie di assemblea aperta, come “cantiere d’ascolto” e il “campo largo”, fondato prevalentemente sull’asse PD-5Stelle, che avrebbe dovuto portare il centrosinistra a prevalere sul centrodestra. L’ultima banalità sono “gli occhi da tigre” con cui affrontare la campagna elettorale. Insieme a Franceschini, Guerini, Zanda, Del Rio e altre vecchie glorie della “balena bianca” ha trasformato il PD in un partito post-democristiano inoculando indolenza, indecisione e doppiezza nel senso che dice una cosa e dà l’impressione di pensare a un’altra.Dell’ultima generazione della sinistra storica non è rimasto nessuno: D’Alema cura i suoi vigneti e vende vino,Veltroni scrive romanzi gialli e Bersani continua a segnalare mucche nei corridoi della politica.
Giovedi su “La Stampa” Matteo Feltri individuava nel PD il “partito dei fessi”, più dannoso della temuta deriva fascista con la Meloni, poiché il suo gruppo dirigente non ha considerato che ,con il “rosatellum” come legge elettorale e la riduzione dei parlamentari da 900 a 600, al centrodestra basterà il 48 per cento dei voti per avere circa il 64 per cento dei seggi in parlamento. Una maggioranza che potrebbe portare a modifiche costituzionali, tipo Repubblica presidenziale. Per il momento la Meloni punta ad avere l’incarico di formare il nuovo governo, Salvini di tornare al Viminale e Berlusconi essere eletto alla seconda carica dello Stato, cioè la presidenza del Senato ,guardando al Quirinale.Complimenti al partito dei fessi. La famiglia sentitamente ringrazia.