RASSEGNA STAMPA

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LUCA RICOLFI, SOCIOLOGO E SAGGISTA, CI TIENE A DEFINIRSI DI SINISTRA. CIÒ NON GLI IMPEDISCE PERÒ DI PORTARE AVANTI UNA IMPIETOSA ANALISI SUL PD DI OGGI CHE HA PERSO OGNI ANCORAGGIO CON LA SUA BASE STORICA. DI PIÙ. RICOLFI SOSTIENE ADDIRITTURA CHE IL PD NON SI RICONOSCE PIÙ CON I CETI DEBOLI, NON LI CONSIDERA IN GRADO DI PENSARE E, QUINDI, DI SVILUPPARE COMPORTAMENTI POLITICI. SE È COSÌ, LA DISFATTA ELETTORALE SE L’E’ PIENAMENTE MERITATA.

Estratto da “La Mutazione”, di Luca Ricolfi (ed. Rizzoli), pubblicato da “il Giornale”

Non è esatto affermare che la sinistra ufficiale non si chieda perché il popolo preferisce i partiti di destra. Qualche volta prova a chiederselo. Il problema è la risposta che dà alla domanda: le destre parlerebbero «alla pancia del Paese», prospettando soluzioni semplicistiche, e solo per questo motivo riuscirebbero a intercettare il consenso popolare. Di questa risposta la prima cosa che colpisce è il disprezzo con cui i dirigenti della sinistra guardano ai ceti deboli e alla gente comune. Ma come è possibile, mi sono sempre chiesto, che proprio i progressisti, che pretendono di battersi per i diritti degli ultimi, abbiano così poca considerazione per l’intelligenza, la sensibilità, il modo di ragionare dei ceti popolari? Da dove viene tanta supponenza? Che cosa li ha convinti che la gente non sia in grado di ragionare con la propria testa? Alle volte mi vien da pensare che, a dispetto di ogni riconversione, revisione, autoriforma e sforzo di modernizzazione, gli eredi del Partito comunista siano rimasti profondamente e irrimediabilmente leninisti nell’anima, prigionieri dell’idea che il popolo non sia in grado di prendere coscienza dei propri interessi da sé, e che per far maturare tale coscienza siano indispensabili le «avanguardie», guide politiche e spirituali delle masse incolte. Quali che siano le ragioni del disprezzo per i sentimenti popolari, è chiaro che una risposta così stronca alla radice ogni riflessione. Se il popolo è una massa informe, irrazionale e facilmente suggestionabile, ed è questa sua fragilità cognitiva che lo consegna nelle braccia della destra, non c’è niente da capire e niente da fare. Noi progressisti, ricchi di umanità e custodi dei più alti valori di civiltà, possiamo solo cercare di educare il popolo, denunciando le menzogne della destra e spiegando al popolo stesso che le sue preoccupazioni sono infondate. La gente ha paura, e pensa che la criminalità sia un pericolo? La sinistra disquisisce sulla distinzione fra tasso di criminalità reale e tasso «percepito», e indica la via per sconfiggere la paura: «La politica, una buona politica, dovrebbe prendere in carico le paure degli italiani e dimostrarne l’infondatezza». La gente pensa che, in molte realtà, gli immigrati mettano a repentaglio la tranquillità e la sicurezza degli italiani? La sinistra le spiega che la diversità è un valore, e gli immigrati sono una straordinaria occasione di dialogo e arricchimento culturale. La gente pensa che la globalizzazione sia una minaccia? La sinistra le spiega che si tratta di una grande opportunità. La gente pensa che l’Europa sia un problema? La sinistra le spiega che l’Europa non è il problema, l’Europa è la soluzione. La gente pensa che gli immigrati rubino posti di lavoro agli italiani? La sinistra le spiega che gli immigrati sono una benedizione, e che quei posti di lavoro gli italiani non li vogliono più. Si potrebbe continuare. E anche osservare che c’è del vero in alcune osservazioni e obiezioni che vengono opposte ai vissuti popolari. Prima fra tutte nella constatazione che, senza gli stranieri, molti posti di lavoro resterebbero scoperti, o potrebbero essere coperti da italiani solo con salari incompatibili con i conti economici delle imprese. Il problema, tuttavia, è che la maggior parte delle credenze e insofferenze popolari hanno una base reale. È un fatto reale, ad esempio, che una frazione non trascurabile dei posti di lavoro occupati dagli stranieri sono sottratti agli italiani. La televisione ci mostra africani e bengalesi, chini sotto il sole cocente, a raccogliere frutta e ortaggi nei campi, ma la gente vede con i propri occhi, tutti i giorni, altri stranieri alle casse del supermercato, nei bar, nelle pizzerie. Quello degli stranieri che «fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare» è uno stereotipo, basato su una generalizzazione errata. È un fatto reale che, in diversi settori, la concorrenza degli stranieri sospinge verso il basso i salari degli italiani (dumping salariale). È un fatto reale che il tasso di criminalità degli stranieri è molto maggiore di quello degli italiani. È un fatto reale che l’accesso ai servizi sociali e sanitari è reso più difficile e più lento dalla massiccia presenza degli stranieri. È un fatto reale che, specie dopo il 1990, la globalizzazione ha distrutto milioni di posti di lavoro, e che i perdenti della globalizzazione non sono stati risarciti. È un fatto reale che ci sono territori, dentro le città e fuori delle città, che sono controllati dalla criminalità straniera e in cui la vita è diventata impossibile. Naturalmente può essere vero che, su molte questioni, le soluzioni proposte dalle forze di destra non sono convincenti, o risulterebbero inefficaci. Ma non è questo il punto. Il punto è che, troppe volte, la sinistra nega l’esistenza stessa dei problemi che la gente sente come prioritari.