IL GIORNALE DIRETTO DA MARCO TRAVAGLIO INSISTE DA PIÙ GIORNI NEL SOSTENERE CHE IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA NORDIO SIA ALLINEATO ALLE POSIZIONI DI MATTEO RENZI SULLE RIFORME DA FARE. PUO’ DARSI CHE RENZI TRAGGA QUALCHE CONVENIENZA ” FAMILIARE” DALLE RIFORME CHE VUOL FARE NORDIO MA “L’ABUSO D’ UFFICIO” E “IL TRAFFICO DI INFLUENZE” SONO REATI DI PIÙ VASTO IMPATTO. IL CHE NON PUÒ VOLER DIRE CHE NORDIO, DEPENALIZZANDOLI, LI VOGLIA INCORAGGIARE E FAVORIRE.
Articolo di Francesco Grignetti per “la Stampa”
Ancora qualche settimana, e poi si parte con la prima delle riforme targate Carlo Nordio. Si comincia a gennaio con la riforma dei reati contro la pubblica amministrazione, ovvero «abuso d’ufficio» e «traffico di influenze». È una riforma molto attesa dai sindaci italiani, di destra come di sinistra, ma è considerata soprattutto una riforma che secondo il governo dovrà facilitare i processi decisionali, e per primi quelli collegati al Pnrr. A seguire, nei mesi successivi, verrà una stretta ulteriore sulle intercettazioni. Il ministro Guardasigilli avrebbe idee radicali su questi due reati contro la pubblica amministrazione. Fosse per lui, li abolirebbe entrambi. Ma così non sarà. L’idea di eliminare del tutto l’abuso di ufficio non convince i partiti di maggioranza; quindi sarà riscritto. Quanto al traffico di influenze, era una richiesta dell’Unione europea e perciò Nordio, a malincuore, è costretto a tenersi il reato. Ma non così com’ è. «L’Ue – ha detto in una intervista recente al Corriere della Sera – non ha chiesto una norma inadeguata che manca di tassatività e specificità, facendo sì che tutti possano essere indagati ma quasi nessuno condannato». È lo stesso vizio di origine che riscontra con l’abuso di ufficio. Secondo Nordio il reato va scritto meglio, perché ne va della «paralisi amministrativa», ovvero la paralizzante paura della firma che sta bloccando gli enti locali. E secondo le stime che circolano dentro il governo, la sola paura della firma, detta «burocrazia difensiva», costa 2 punti di Pil all’anno. «Tutto il sistema di questi reati evanescenti – ha detto qualche giorno fa in Parlamento – rendono inerti sindaci, pubblici amministratori e altri pubblici ufficiali. Non per paura della condanna. Abbiamo le statistiche: 5430 processi in un anno, 22 condanne. Zero virgola zero. Però nel frattempo si ottengono dimissioni, estromissioni, fine di carriere politiche attraverso la strumentalizzazione di queste indagini». Quando parla di «strumentalizzazione», il Guardasigilli fa riferimento alle manovre dei nemici politici di un sindaco, «ma ancor prima quelle degli “amici”». Perché è quando arriva un avviso di garanzia a un sindaco, che gli “amici” lo consigliano caldamente di farsi da parte finché la magistratura non abbia finito le indagini. Con il che, sono carriere finite. Per venirne a capo, il ministro ha intenzione di delineare meglio i confini tra il lecito e l’illecito. I due reati di abuso d’ufficio e traffico di influenze infatti «vanno rimodulati», si è confidato. Vuole «maggiore tassatività e maggiore specificità», che sono i due connotati deboli. «Queste fattispecie sono evanescenti – ripete spesso – e sottopongono i sindaci alle note criticità». Sono idee che Nordio ha espresso anche nel recente incontro con i vertici dell’Associazione comuni italiani. I sindaci gli chiedevano di liberarli dalla paura di questo reato così vago. Lui ha fatto capire che non vede l’ora. D’altra parte era il 2017 quando Enrico Costa, oggi vicesegretario di Azione e responsabile giustizia per il Terzo Polo, allora divenuto ministro degli Affari regionali con il governo Renzi, chiamò Nordio a capo di una commissione per riscrivere questo reato così sfuggente. E Nordio all’epoca sostenne che il reato non era riformabile «perché se ci fosse un passaggio di soldi allora sarebbe una corruzione, altrimenti non c’è niente». Costa era d’accordo, e continua a considerare l’abuso d’ufficio uno «strumento usato dall’opposizione per fare esposti temerari» i quali nelle mani dei giudici finiscono per stroncare vite politiche. Al ministero, infine, c’è un viceministro, il forzista Francesco Paolo Sisto, che si considera il «massimo esperto» della materia, avendo difeso da avvocato almeno 300 amministratori locali. «Eliminare il reato – ragionava nei giorni scorsi – è difficile. Rimodularlo è doveroso: si potrebbe eliminare l’abuso d’ufficio “di vantaggio”, la fattispecie più insidiosa per la contestazione». Ancora Nordio ieri ha nominato il procuratore aggiunto dell’antimafia, Giovanni Russo, capo del Dipartimento che amministra le carceri, al posto di Carlo Renoldi, il consigliere di Cassazione voluto da Cartabia, che aveva criticato ergastolo ostativo e 41 bis.