RASSEGNA STAMPA

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ATTENUATASI L’ EUFORIA COLLETTIVA PER L’ARRESTO DI MATTEO MESSINA DENARO SI PASSA A RIFLESSIONI MENO EMOTIVE E A INTERROGATIVI LOGICO-DEDUTTIVI. SENZA METTERE MINIMAMENTE IN DISCUSSIONE IL SUCCESSO MILITARE- INVESTIGATIVO DELL’ OPERAZIONE, COMUNQUE CONCLUSASI CON L’ ARRESTO DEL SUPERLATITANTE DOPO 30 ANNI, ALCUNE CONSIDERAZIONI SONO PIENAMENTE LEGITTIME. A COMINCIARE DAL FALSO NOME USATO DAL RICERCATO, ANDREA BUONAFEDE, CHE È RISULTATO ESSERE IL PROPRIETARIO DELL’ APPARTAMENTO ABITATO DA MESSINA DENARO NONCHÉ PAZIENTE DELLO STESSO MEDICO CHE HA AVUTO IN CURA IL LATITANTE E PER IL QUALE AVEVA RICHIESTO LE CURE ONCOLOGICHE PRESSO LA CLINICA “LA MADDALENA” DI PALERMO. MESSINA DENARO, A QUANTO PARE, NON SI NASCONDEVA E VIVEVA LA VITA DI UN NORMALE CITTADINO VESTITO DI ABITI GRIFFATI, PROFUMI COSTOSI E UN TENORE DI VITA ALTO QUANTO BASTA PER NON SUSCITARE SOSPETTI. LA DOMANDA DILAGATA SUI SOCIAL È COME SIA POSSIBILE, IN UN CONTESTO DI TALE VISIBILITÀ, SOTTRARSI ALLA CACCIA CHE LO STATO HA PORTATO AVANTI PER 30 ANNI. C’È POI L’ INQUIETANTE CONFERMA, A DISTANZA DI POCHI MESI, DELLA PREVISIONE FATTA NELLA TRASMISSIONE “NON È L’ARENA” AL CONDUTTORE GILETTI DA UN PERSONAGGIO, TAL BAIARDO”, MOLTO VICINO AI FRATELLI GRAVIANO E DIMOSTRATOSI BENE INFORMATO SU MATTEO MESSINA DENARO. LA PREVISIONE FATTA DA BAIARDO ERA CHE NON ERA DA ESCLUDERE, PERCHÉ GRAVEMENTE AMMALATO, LA CONSEGNA VOLONTARIA DI MESSINA DENARO ALLE FORZE DELL’ORDINE IN CAMBIO DI UN QUALCOSA CHE GLI STA MOLTO A CUORE E CHE POTREBBE ESSERE – SI IPOTIZZA OGGI – L’ ABOLIZIONE DEL CARCERE A VITA. UNA IPOTESI, DUNQUE, COME IPOTESI È QUELLA AVANZATA DAL FRATELLO DI PAOLO BORSELLINO IL QUALE NON ESCLUDE UN ACCORDO, OVVIAMENTE SEGRETO E BEN STUDIATO, CON LA CRIMINALITÀ. DI SICURO C’È CHE MATTEO MESSINA DENARO, PER LE SUE CONDIZIONI DI SALUTE, NON POTEVA PIÙ ASSOLVERE AL RUOLO DI “CAPO DEI CAPI” E SI È VOLONTARIAMENTE CONGEDATO, ANCHE A FRONTE DI UNA NECESSARIAMENTE LIMITATA ASPETTATIVA DI VITA, ELABORANDO UNA CONTROPARTITA DI GRANDE CONVENIENZA, SE NON PER LUI, PER L’ORGANIZZAZIONE CRIMINALE CHE RAPPRESENTA. QUESTE E ALTRE IPOTESI VEROSIMILMENTE SONO DESTITUITE DI FONDAMENTO MENTRE DI SICURO C’È L’ARRESTO AVVENUTO IN PIENO GIORNO DA PARTE DI CHI GLI DAVA LA CACCIA E, ATTRAVERSO UN COMPLESSO MECCANISMO DI INDAGINE, AVEVA INDIVIDUATO LA SUA PRESENZA NELLA CLINICA ECCELLENTE “LA MADDALENA”. PRIMA O POI DOVEVA ACCADERE.

1. IL MANIFESTO DI UNA VITTORIA

Estratto dell’articolo di Carlo Bonini per “la Repubblica”

[…] Come ieri ha ricordato il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e, con lui, il suo predecessore e oggi procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, il luogo in cui Messina Denaro è stato alla fine catturato, la macchina immatricolata a Trapani con cui faceva la spola tra il suo mandamento e l’astanteria del reparto dove lottava contro le metastasi di un tumore al colon, le testimonianze che, oggi e solo oggi, lo raccontano in questi anni spesso avvistato nei comuni della valle del Belice, ci raccontano quanto Cosa Nostra e i suoi boss debbano a quello che Leonardo Sciascia raccontava mezzo secolo fa nel suo Contesto. A quella borghesia mafiosa delle professioni e della rendita fondiaria, a quell’area grigia di connivenze consapevoli o peggio ancora distratte, di interessi economici, finanziari, politici che, da quando Cosa Nostra esiste, dell’organizzazione sono state insieme l’humus e lo scrigno. Basterebbe del resto anche solo ricordare che Matteo Messina Denaro è cresciuto sui terreni della famiglia trapanese degli Staiti D’Alì e che nella loro banca siciliana (coinvolta in indagini di mafia per riciclaggio) avrebbe lavorato suo fratello Salvatore. Che Antonio D’Alì, senatore di Forza Italia fu voluto da Berlusconi sottosegretario all’Interno. Che il boss è stato ed è capo mandamento di una città – Trapani – in cui Cosa Nostra ha costruito la sua crescita finanziaria e dove, nel tempo, si sono contate 16 logge massoniche. O che per trent’ anni […] ha potuto godere di una rete di complicità, cointeressenze, convenienze che, prima ancora della paura, sono le colonne d’Ercole delle organizzazioni mafiose. Una rete capace di reggere, negli anni, il peso di almeno 100 arresti. Anche perché sorretta da indicibili complicità. Le stesse che, come ebbe modo di raccontare a questo giornale la pm Teresa Principato, magistrato che ha dedicato parte della sua vita professionale alla caccia di Messina Denaro, ne avevano reso la cattura una chimera. «Ogni volta che eravamo vicini al latitante accadeva sempre qualcosa. C’erano spifferi, notizie, che in un modo o nell’altro trapelavano. Accadevano troppe cose strane intorno alla nostra indagine. La verità è che siamo di fronte a un grande latitante di mafia che ha un rapporto forte con la massoneria e la politica».  […]

2. COVI, PIZZINI E COPERTURE LA VITA «AL BUIO» DEL BOSS

Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

[…] Invece era ancora in Italia, e aveva messo in piedi un sistema di comunicazione attraverso pizzini recapitati e ritirati in aperta campagna, con i postini che andavano e venivano parlandosi con linguaggio cifrato («il macellaio sono, mi aveva ordinato la fiorentina si ricorda? Domani alle 9.30 se la può venire a prendere») finché le indagini della Procura di Palermo nel 2015 smantellarono anche quel «fermo posta». Costringendo il latitante a inventarne uno nuovo per restare fuggitivo. Contando su appoggi che non prevedessero più i legami con la famiglia d’origine (finita in galera quasi per intero), ma conservando – anche a distanza – quelli con chi ha continuato a garantirgli protezione: compresi forse pezzi di potere istituzionale o massonico, come ipotizzato più volte dagli inquirenti che gli davano la caccia. Di sicuro ha avuto dalla sua parte qualcuno che gli ha procurato i documenti semi-autentici (con la sua foto e il nome di un altro, ma il timbro regolare del Comune di Campobello) che aveva in tasca al momento dell’arresto. […]

3. “LA TRATTATIVA STATO -MAFIA COMINCIA ADESSO, VEDRETE CHI TREMERÀ E OGGI ESULTA”

Estratto dell’articolo di Edoardo Sirignano per “L’identità”

“La vera Trattativa inizia con Matteo Messina Denaro in carcere. C’è più di qualcuno che fa solo finta di gioire per il suo arresto. Se parla può cambiare il Paese. Sono in tanti a tremare”. A dirlo Antonio Ingroia, ex procuratore, noto per aver lavorato a stretto contatto con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e per combattuto Cosa Nostra, nonché i suoi principali protagonisti.

Cosa la colpisce di più dell’arresto?

Voglio capire bene quale è il contesto in cui è maturato. È singolare che Messina Denaro sia stato catturato in Sicilia dove stava ricoverato da un pezzo. Per un latitante accorto, come, lui sembra più di una semplice imprudenza.

Qualcuno sostiene che si sia consegnato…

Non lo escludo. Lo capiremo bene, comunque, solo nei prossimi giorni, quando sarà fatta piena chiarezza sulla vicenda. […]

Considerando la sua lunga esperienza da magistrato in Sicilia, possiamo che la Mafia è stata sconfitta?

Assolutamente no! La mafia non era solo Matteo Messina Denaro. Possiamo dire che è stata sconfitta la stagione stragista e l’ala corleonese, quella di Riina, Provenzano, Bagarella e Graviano seppelliti in carcere dagli ergastoli e appunto del loro ultimo erede, preso in mattinata mentre gli stavano somministrando delle cure contro un cancro. Al di là dell’icona che si sta costruendo in queste ultime ore, stiamo parlando di chi non è mai stato il capo dei capi. Cosa Nostra, oggi, è cambiata. È moderata, finanziaria, affarista, governata e organizzata in modo federato fra i vari rappresentanti del territorio.

[…] Il capitolo della Trattativa, invece, è possibile metterlo definitivamente in soffitta?

No! C’è sempre. Possiamo dire, piuttosto, che ha cambiato tavolo. Prima la mafia utilizzava come strumento di pressione le armi. Oggi, al contrario, lo fa soprattutto col silenzio. Anzi, posso tranquillamente sostenere che con Matteo Messina Denaro in carcere, che tratta appunto il suo non aprir bocca, inizi il secondo capitolo. Stiamo parlando, infatti, di chi sa verità indicibili sui grandi misteri del nostro Paese dagli anni Ottanta fino ai nostri giorni. Questo boss è a conoscenza dei mandanti, anche esterni, della stagione stragista del 1992-1993, della Trattativa, del famoso papello di Riina, delle ragioni più segrete ed occulte per cui vennero uccisi Falcone e Borsellino del motivo per il quale la strategia si spostò verso il Nord Italia con i fattacci di Roma, Firenze e Milano, del tentato omicidio nei confronti del questore Rino Germanà, che andò lui personalmente a sparare, di cosa era stato detto al senatore Vincenzo Inzerillo, di tutti i contenuti dell’agenda rossa, di ogni rapporto comprovato fra Cosa Nostra, la massoneria e i servizi segreti. […]