SUL MANCATO INCONTRO “BILATERALE” DELLA MELONI CON ZELENSKY CIRCOLANO VERSIONI CONTRASTANTI. LO STAFF DELLA MELONI ASSERISCE CHE C’E’ STATO, L’ORDINE DEI LAVORI DELLA GIORNATA NON LO CONFERMA. C’E STATO, INVECE, DOCUMENTATO DA SERVIZI TELEVISIVI, “UN INCONTRO IN PIEDI” DI DURATA LIMITATA. A DIRE IL VERO C’È STATO ANCHE UN ABBRACCIO CON ZELENSKY VISIBILMENTE INNESCATO DALLA MELONI ED AL QUALE IL PRESIDENTE UCRAINO NON SI È SOTTRATTO. AL NETTO DEGLI ARGOMENTI AFFRONTATI E DELLA VISITA A KIV CONFERMATA DALLA MELONI, A ZELENSKY INTERESSANO LE ARMI CHE L’ITALIA ANCORA NON HA INVIATO. IL RESTO È CHIACCHIERA PER I TELEGIORNALI E I TALK SHOW.
Estratto dell’articolo di Simone Canettieri per “il Foglio”
[…] Cappotto rosso asimmetrico, sguardo infuriato. Ecco Giorgia Meloni: “Se la missione di Francia e Germania a Washington è stata inopportuna? Francamente mi è sembrato più inopportuno l’invito a Zelensky di ieri […]”. Mesdames et messieurs, la crisi con Parigi è servita. O forse è solo l’ennesima puntata. […] Prima immagine: il presidente ucraino si fa la foto con i ventisette, la leader non incrocia mai lo sguardo con Emmanuel Macron. Il quale, come si sa, il giorno prima ha invitato a cena all’Eliseo Zelensky e Olaf Scholz lasciando l’Italia a bocca asciutta. Il presidente francese non commenta la stoccata, forte e dritta, di Meloni, ma fa sapere che l’asse franco-tedesco vanta da sempre rapporti privilegiati. Come dire: il viaggio in treno a tre con Mario Draghi fu un inciampo della storia, ora la musica è cambiata. Sta di fatto che per la legge di Murphy la giornata non prende una piega eccellente per il governo italiano. Durante la plenaria Meloni non interviene al cospetto del presidente ucraino. E poi soprattutto salta il bilaterale con Zelensky, annunciato il giorno prima da Palazzo Chigi con una certa enfasi. Era la medaglia da attaccarsi al petto, come compensazione morale al mancato invito a Parigi della sera prima. Ma manco questo è accaduto. “Motivi organizzativi”, è la risposta fornita per il faccia a faccia saltato. La capa della destra italiana viene inserita con un gruppo di altri paesi per un vertice. Ci sono Spagna, Polonia, Romania, Olanda e Svezia. Meloni entra per ultima nella stanza a incontro iniziato. Waterloo dista da Bruxelles meno di venti chilometri e l’idea di una disfatta della diplomazia italiana si gonfia e prende piede per un po’ di tempo. Fino a quando dal governo informano che alla fine il colloquio con Zelensky c’è stato. E’ durato quindici minuti, spiegano dallo staff meloniano. C’è chi dice la metà. Alle televisioni viene data una clip dei due che parlano in piedi. La premier gesticola, a volte muove le mani e sembra sempre netta nelle espressioni. Si parla di una visita a Kiev imminente. Ma soprattutto anche in questo caso la richiesta non cambia: cara Giorgia servono caccia da guerra, jet per la controffensiva. Su questo aspetto, la linea non è ancora chiara: non ci sono decisioni già prese. Il faccia a faccia finisce con un arrivederci a presto. C’è un problema grosso resta con la Francia. Matteo Salvini da Roma riprende un vecchio cavallo di battaglia e lancia una minaccia non troppo velata a Parigi: “La risposta a Macron arriverà nelle prossime settimane”. E subito scatta la corsa a capire quali dossier l’Italia potrebbe bloccare alla Francia come ritorsione […]. La premier in privato si sfoga e giustifica le parole contro Macron con due chiavi d’interpretazione. La prima è che “non parlavo solo a nome dell’Italia, ma anche di tutti gli altri paesi che si sentono tagliati fuori dall’asse Roma-Parigi”. E tra questi ci sarebbe anche la Spagna, certo. E poi l’Austria e forse l’Olanda. La seconda lettura è che non finisce qui e che l’Italia potrebbe reagire sui dossier che contano. […]