RASSEGNA STAMPA

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DI CERTO L’IMPROVVISA USCITA DI BERLUSCONI SULLA GUERRA IN UCRAINA E SUL PRESIDENTE ZELENSKY NON È UN ASSIST A GIORGIA MELONI CHE DI GRANE NE AVEVA GIÀ CREATO A SUFFICIENZA NELL’ULTIMO CONSIGLIO EUROPEO CON I MIGRANTI, I BALNEARI E L’HUB ENERGETICO AL SERVIZIO DELL’EUROPA. A DENTI STRETTI PALAZZO CHIGI PRECISA CHE LA POSIZIONE DELL’ITALIA RISPETTO ALL’INVASIONE DELL’UCRAINA RIMANE QUELLA CONFERMATA NELLE SEDI INTERNAZIONALI E ALL’INTERNO DELL’ALLEANZA ATLANTICA. DETTO QUESTO BISOGNA PERÒ PRENDERE ATTO CHE BERLUSCONI CON LA SUA DICHIARAZIONE NON CONTRIBUISCE ALLA TENUTA DEL GOVERNO NEL LUNGO PERIODO SOPRATTUTTO AGLI OCCHI DELLE CANCELLERIE EUROPEE E DELLA CASA BIANCA. LA MELONI INCASSA IL COLPO E DEVE TENERE CONTO CHE, RIDUCENDOSI NELLE URNE LA FORZA CONTRATTUALE DI FORZA ITALIA E LEGA, SI ESASPERA LA FRUSTRAZIONE DEI DUE ALLEATI CHE PIÙ VOTI PERDONO PIÙ PRETESE AVANZANO. L’APPUNTAMENTO È A MARZO CON LE DELICATISSIME NOMINE NEI GRANDI ENTI PUBBLICI.

DAGOREPORT

Salvini che sbertuccia la presenza di Mattarella a Sanremo (“Era lì per svagarsi”), Berlusconi che, ad urne aperte, nanizza Meloni (“Io a parlare con Zelensky se fossi stato il presidente del consiglio non ci sarei mai andato”), Lega e Fratelli d’Italia che abbaiano contro la “Rai comunista”: fuori Carlo Fuortes. Se in casa, Giorgia è sull’orlo di una crisi di nervi, in Europa è entrata in paranoia: scazzo continuo con Macron e Scholz, divergenze con Bruxelles su flessibilità del Pnrr, conflitto sulla proroga della concessione dei balneari, battaglia sui migranti e quant’altro, con Mattarella che, irritatissimo, ha deciso di tirarsi indietro sul fronte francese abbandonando il governo al suo destino di incapacità diplomatica e inadeguatezza politica. Come si sfotte nei palazzi romani: “Ahò, questi non so’ fascisti, sono solo scarsi!” E’ chiaro che il partito di maggioranza di via della Scrofa ha strategie diverse dai suoi alleati. Non a caso Salvini non ha aperto bocca sulla dichiarazione anti-Zelensky di Berlusconi. Come del resto la Lega ha appoggiato la proroga delle concessioni balneari voluta da Forza Italia. Da parte sua, il nonnetto di Arcore non ha alzato sopracciglio  sull’autonomia differenziata voluta da Salvini. Tutti obiettivi che sono incompatibili per gli equilibri del governo ma che influenzano la principiante Giorgia Meloni. L’uscita sprezzante di Berlusconi su Zelensky (già anticipata a suo tempo a “Porta a Porta”) è la spia di un uomo incazzatissimo che aveva in mano i sondaggi delle regionali lombarde dove Forza Italia è allo sfascio e ha fatto partire la contraerea sull’ex comico ucraino con altri sondaggi che vedono gli italiani contrari all’invio di armi in Ucraina (e il decreto Crosetto sugli scudi anti-missile da inviare a Kiev correrà qualche problema). La berlusconata putiniana ha scosso le cancellerie europee ma soprattutto messo in allarme la Casa Bianca: non possiamo fare affidamento sul governo destra-centro della Meloni. Addio Draghetta, è ritornata la Nanetta alle prese con un Berlusconi che non intende abituarsi a non essere più il boss del centrodestra e con un Salvini che non è abituato a stare sotto il 10 per cento. In fervida attesa del voto alle liste dei singoli partiti alle regionali, dove i camerati di via della Scrofa potrebbero svuotare la Lega e annientare Forza Italia, la Meloni si trova tra i piedi il fardello della Rai post Sanremo. Fuortes non molla la poltrona: deve decadere il Cda per azzerare il vertice di viale Mazzini e piazzare il plenipotenziario di FdI, Giampaolo Rossi. Ma se si apre il vaso di Pandora della Rai, la Ducetta finirà fuori dal balcone davanti alle richieste e alle minacce degli alleati di governo. La narrazione “io sono Giorgia e piglio tutto” andrà a sbattere contro l’incazzatura degli sconfitti Salvini e Berlusconi e troverà il suo apice il 31 marzo quando si aprirà il tavolo delle nomine nelle partecipate di Stato: Enel, Leonardo, Poste, Terna, eccetera. Essì, la resa dei conti è vicina…