ALLA LUNGA FRATELLI D’ITALIA METTERÀ SALVINI NELL’ANGOLO MA AL MOMENTO DEVE SUBIRE, IN ATTESA CHE IN FORZA ITALIA EMERGANO NUOVI ORIENTAMENTI DI POSIZIONAMENTO. SALVINI NON HA FATTO PRESSIONE DIRETTAMENTE SU GIORGIA MELONI PER OTTENERE QUELLO CHE VOLEVA. HA TENUTO COSTANTEMENTE SOTTO SCHIAFFO IL MINISTRO DELL’ ECONOMIA GIORGETTI CHE, NOTORIAMENTE, NON È UN CUORE DI LEONE NÉ UN COMBATTENTE. GIORGIA MELONI DAL CANTO SUO NON POTEVA SACRIFICARLO IN UNO SCONTRO CON SALVINI VISTO CHE GIORGETTI RAPPRESENTA LA CONTINUITÀ CON LA LINEA DRAGHI.
Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “il Foglio”
Che sia stato tutto lì, il senso del ripensamento, chissà. Di certo, il timore di inimicarsi il più conciliante tra i ministri senza Fiamma, e di certo il più strategico, ha influito. E’ ora di pranzo quando un dirigente di FdI certifica, sia pur contestandolo, l’andazzo: “Siccome Giorgetti minaccia sfracelli, noi torniamo indietro… Mah”. Sono gli stessi minuti in cui Massimiliano Romeo squaderna il malumore leghista con una frase che sa d’apertura delle ostilità (“L’uomo solo al comando non va bene, neppure quando è donna”). E’ il segnale, e non è l’unico, che la rappresaglia sta per scattare anche sul più decisivo dei dossier: quello del Pnrr e dei rapporti con l’Europa. E’ lo scenario che paventava, da giorni, anche Raffaele Fitto. Lo è andato ripetendo in più occasioni, anche a margine degli ultimi Cdm, il responsabile degli Affari europei. Le parole di Riccardo Molinari sui prestiti del Next Generation Eu, le prese di distanza dei leghisti rispetto a un piano, quello firmato da Mario Draghi, “che loro sì avevano contribuito a varare”. Di qui, la mozione d’ordine di Fitto: “Distinguiamo i temi su cui possiamo fare polemica politica da quelli su cui è bene evitare scantonamenti”. Lo ha detto, il ministro meloniano, anche in riferimento a una baruffa che riguarda da vicino i rapporti tra Roma e Bruxelles, e che quei rapporti sta intossicando. “Sui balneari, se anche seguissimo la linea delle categorie, ci ritroveremmo contro sia l’Ue sia il Quirinale”, aveva ammonito settimane fa. Era stato facile profeta. […] Se a fronte di questa doppietta clamorosa, i vertici di Lega e FI accusano neanche troppo velatamente il governo di lassismo (“I voti dei balneari li ha presi la Meloni, no? E allora…”), e se lo fanno in quel Senato dove i margini della maggioranza sono quelli che sono, allora vuol dire che la tensione sale. Sale anche sul Pnrr. Perché da giorni dal Mef trapela insofferenza, per la scelta operata da Fitto di portare a Palazzo Chigi il vertice operativo della governance. E perché è proprio da Via XX Settembre che passa, tuttora, il filo diretto della diplomazia del Recovery che collega Roma e Bruxelles. Ed è un filo rovente. Ecco, allora, il richiamo, garbato ma puntuto, di Marco Buti, capo di gabinetto del commissario Paolo Gentiloni, che ieri mattina ha ribadito con una lettera al Corriere della Sera una scadenza che a Palazzo Chigi continuano a ritenere trascurabile. […] Ora, che tutto questo caos sia stato innescato dall’ira di Giorgetti, sarebbe ridicolo pensarlo. Che però, guardando a questo disordine, Meloni debba aver ritenuto assai poco saggio costringersi a fare a meno di un sostegno finora affidabile come quello del ministro dell’Economia, a dispetto di quanti, nella sua cerchia stretta, la esortavano comunque a tirare dritto, è invece una ricostruzione condivisa da più fronti, nell’esecutivo. Ed ecco, allora, la resa su Enel: ecco il sacrificio impensabile alla vigilia, quello di Stefano Donnarumma, per offrire il ruolo di ad al più salviniano dei candidati, quel Flavio Cattaneo che, si fa notare nel Carroccio, stava perfino alla festa dei 50 anni di Matteo Salvini. Il quale, e qui sta il colmo, ha ottenuto quel che sperava, forse perfino qualcosa in più se si pensa alla presidenza di Terna data a Igor De Biasio, senza neppure parlare. Lasciando forse solo capire alla premier che, con un Giorgetti indebolito e un partito in ebollizione, diventava complicato tenere le truppe in ordine. Perfino sul Pnrr.