RASSEGNA STAMPA – Niente rischio autoritario ma la crisi sociale c’è..

GIUSEPPE DE RITA, FONDATORE DEL CENSIS OGGI NOVANTENNE, CI HA GUIDATO CON LE SUE LUCIDE ANALISI ATTRAVERSO I MUTAMENTI POLITICI E SOCIALI DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA NEL SUSSEGUIRSI DEI GOVERNI ALLA GUIDA DEL PAESE. DE RITA ESCLUDE PULSIONI AUTORITARIE DA PARTE DELLA MELONI E DEL SUO GOVERNO PERCHÉ GLI ITALIANI NON L’ACCETTEREBBERO. È VERO INVECE CHE C’È CRISI SOCIALE E PREOCCUPAZIONE PER IL FUTURO MA PREVALE L’ADATTAMENTO E LA VOGLIA DI SOPRAVVIVERE DOPO LA PAURA PER LA PANDEMIA. ANCHE I GIOVANI, PER I QUALI IL FUTURO È PIENO DI INCOGNITE, SI ADATTANO E NON HANNO CONFLITTI CON LA GENERAZIONE DEI PROPRI NONNI POICHÉ È SOPRATTUTTO GRAZIE A LORO SE POSSONO PERMETTERSI IL MOTORINO, L’APERITIVO E LA DISCOTECA.

Estratto dell’articolo di Francesco Rigatelli per “la Stampa”

«Non viviamo una crisi economica, ma sociale». Giuseppe De Rita, 90 anni, sociologo fondatore del Censis, interviene oggi al Festival internazionale dell’Economia di Torino.

L’economia europea non è precipitata in recessione, come si temeva, ma l’inflazione sta penalizzando i più deboli. È così?

«Sì e lo è sempre stato, perché l’aumento dei prezzi colpisce chi consuma una quota maggiore del proprio reddito per acquistare beni di prima necessità […]. Questi ultimi sono tra i più colpiti dall’inflazione, ma con un po’ di pazienza tutto si redistribuirà».

Nel mentre crescono le diseguaglianze?

«Sì, ma è anche vero che uno sviluppo come quello che viviamo, per quanto timido, risulta sempre squilibrato. […] La verità è che nonostante la pandemia, la guerra e la disoccupazione la crisi non c’è stata e non c’è, non a caso l’occupazione è ai massimi storici». […] Quelli che vanno alla Caritas sono molti di meno. È difficile contare i poveri in Italia, ma davvero in pochi rinunciano alle feste, alle vacanze, a bar e ristoranti».

Sembra Berlusconi quando diceva che i ristoranti sono pieni… Come si concilia questo aspetto con la crescita delle diseguaglianze?

 «In un Paese in pieno sviluppo i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri. È un mito buonista pensare che la crescita non porti diseguaglianze».

[…] La crisi è più sociale che economica?

«In questa fase sì. Nell’ultimo rapporto Censis si fotografa una crisi dei rapporti elementari, da moglie a marito, da amante ad amante, da amico ad amico. Si è persa la carica di andare avanti e di crescere, e l’adrenalina di ciascuno di noi finisce nel rancore. Questo sentimento colpisce chi ci sta vicino, non si sfoga in piazza dicendo “morte a Meloni”».

L’Italia cresce anche se gli italiani non ci credono?

 «Sì, da una decina d’anni sono cresciute le grandi filiere, il made in Italy, l’alimentare, la meccanica, il turismo, le piccole imprese che sono la spina dorsale del Paese».

Manca un senso d’impresa collettivo?

«Manca un traguardo. La società va avanti per inerzia, si barcamena senza un’idea di cosa sarà. Per questo c’è paura del futuro. Peccato perché quando l’Italia ha avuto un traguardo ce l’ha sempre fatta. Ora ci si accontenta che la barca vada».

[…] Alla premier Meloni manca un’idea di futuro?

«Probabilmente l’idea che aveva di un futuro nazionalista e sovranista ha dovuto fare i conti con l’Europa, l’Ucraina, la Cina, ed è rimasto solo il suo traguardo personale».

Il Pnrr è un traguardo?

«Sì, ma non basta a far sognare l’Italia. Non si può dire al mio barista che il digitale o l’ecologia siano il futuro. Serve un piano tangibile e va spiegato. […]».

Esiste un rischio autoritarismo?

«No, e la Corte dei conti che ha tanti difetti non è un motivo sufficiente. E poi nel Paese non c’è alcuna richiesta di autoritarismo. Meloni magari lo vuole, ma non la gente. Per cui nel caso ci provasse finirebbe male per lei».

Si riferisce alla riforma presidenziale?

«Il referendum di Renzi insegna. Se si toccasse la figura del Presidente Mattarella le persone si spaventerebbero».

[…]  Tornando all’economia, nessun rischio di autunno caldo?

«Ne abbiamo avuti tanti, ma ora la crisi economica non c’è e nemmeno i rivoluzionari».

Intanto i giovani protestano in tenda contro il caro affitti…

«La loro protesta non sfocerà in nulla di rivoluzionario. Da un lato si prevedono nuovi studentati e dall’altro il mondo cambia, calano le iscrizioni universitarie e si studia online».

Neanche sulle pensioni i giovani faranno la rivoluzione?

«No, perché si comprano il motorino con la pensione del nonno. L’Italia si impasta».

E chi ha il nonno povero?

«Finora non si è lamentato più di tanto, evidentemente si arrangia».

[…] Siamo tutti più egoisti allora?

«E narcisisti. Oggi conta solo quel che facciamo noi, non i figli. Io ho otto figli, nati e cresciuti in un’Italia molto più povera, ma che scommetteva sul futuro. Oggi invece, come dicevo, manca un traguardo. Gli asili nido possono essere utili, ma va ricreata un’idea di futuro che superi l’egoismo».