RASSEGNA STAMPA – Claudio Martelli sui misteri di Ustica e su Giuliano Amato…

CLAUDIO MARTELLI È UN PROTAGONISTA DELLA PRIMA REPUBBLICA CHE LE VICENDE TORBIDE DEL NOSTRO PAESE LE CONOSCE BENE. DA MINISTRO DELLA GIUSTIZIA CHIAMO’ ACCANTO A SÉ GIOVANNI FALCONE ED ERA VICINISSIMO A CRAXI TANTO DA FARE DIRE A UN NOTISTA PARLAMENTARE CHE ERA L’UNICO AD AVERE ACCESSO AL FRIGORIFERO DI CASA CRAXI. INFORMATO DI TUTTO, DUNQUE, E SU TUTTO. SU USTICA CORREGGE AMATO E SENZA LIVORE RICORDA COME AMATO FOSSE OSTILE A CRAXI E LA RICOSTRUZIONE CHE FA DELLA STRAGE DI USTICA NON È DEL TUTTO SPIEGABILE. C’E’ QUALCOSA DI PERSONALE CHE A 40 ANNI DI DISTANZA SORPRENDE. MISSILE O BOMBA? IL MISTERO RIMANE MA COINVOLGE PIÙ STATI NON SOLO LA FRANCIA.

Estratto dell’articolo di Stefano Cappellini per “La Repubblica”

Claudio Martelli, dice Giuliano Amato: a Ustica fu un missile francese a buttare giù il Dc9. Siete stati molti anni insieme nello stesso partito, il Psi, ne avevate mai parlato?

«Mai, né mi risulta che abbia sollevato la questione con altri prima di ora. Tutti conosciamo Amato per la prudenza e per la precisione con la quale interviene. Per questo mi ha sorpreso la perentorietà con la quale oggi indica la natura del disastro di Ustica e chi ne sarebbe il responsabile, cioè i francesi».

Ha dei dubbi sulle motivazioni di Amato?

«Posso immaginare che abbia inteso liberarsi di un fardello, di un senso di colpa, colpa collettiva ovviamente. Forse c’è anche qualche elemento personale. Tra i “generali” e gli ammiragli che accusa c’è Bettino Craxi, peraltro in questo caso con un riferimento sbagliato sul piano storico, come è accertato. […] né Craxi né il Psi erano in condizione di essere coinvolti da protagonisti nella vicenda Ustica».

Amato ha ammesso che può essersi confuso, ma questo non toglie che più testimonianze confermano che Gheddafi fu avvisato dall’Italia.

«Sì, ma l’abbaglio di Amato tradisce un certo livore, come quando definisce Craxi statista trasgressivo. O si è statisti o si è trasgressivi. Se Amato pensava di chiudere la partita su Ustica, a me pare più che abbia aperto il vaso di Pandora. In una storia nella quale noi stessi italiani ci accusiamo al nostro interno di aver depistato, pretendere dai francesi che si assumano una responsabilità della quale non sono nemmeno mai stati ufficialmente accusati non mi sembra un colpo di genio dal punto di vista politico e anche giuridico».

Resta il cuore della ricostruzione di Amato: il Dc9 abbattuto nel pieno di una azione di guerra.

«La tesi del missile è smentita dagli esperti tanto quanto quella di una bomba a bordo, che alludeva a un attacco di natura terroristica. Da fonte Nato quella sera sui cieli di Ustica risultavano in volo 21 aerei militari, italiani, americani, inglesi, forse francesi. L’impresa di accertare chi abbia sparato è improba. Peraltro, come hanno ricostruito alcuni vostri articoli, lo scenario più attendibile è che il Dc9 non sia stato colpito direttamente ma danneggiato dai vortici causati dalle manovre dei caccia».

Ovviamente non è un dettaglio l’eventuale missile e la sua nazionalità, però continua a restare secondario rispetto al cuore della faccenda: quei civili morirono per un atto di guerra evidentemente coperto da 43 anni di omissioni e depistaggi di Stato, anzi di Stati.

«Di tutte le notizie che ho letto ce n’è una che mi ha fatto sobbalzare. Uno degli esperti intervistati da Repubblica, il professor Carlo Casarosa, ha parlato di una prassi secondo la quale gli aerei libici che transitavano nello spazio aereo italiano venivano coperti dalla nostra Aeronautica, che utilizzava gli aerei di linea come scudo visivo, affinché i libici risultassero invisibili ai radar. Se fosse una cosa vera, altro che lodo Moro, sarebbe stata una prassi di una gravità senza pari».

Sufficiente di per sé a trincerarsi dietro una ragione di Stato per insabbiare la verità.

«Senza dubbio».

Ma come è possibile che voi politici di primo piano degli anni Ottanta non siate venuti a conoscenza di questa o altre notizie utili a far luce sulla strage?

«Io ho fatto il ministro per la prima volta nel 1989. Prima di allora ricordo bene che non c’erano pareri unanimi su Ustica. I periti dei militari insistevano sulla tesi della bomba a bordo».

Falsa e inverosimile. Sbagliavano o mentivano?

«Entrambe le cose».

Amato dice di aver ricevuto le prime rivelazioni da Rino Formica.

«Anche di questo dubito. Nel 1980 Amato era avversario di Craxi e dunque anche di Formica. In ogni caso, è probabile che Formica a sua volta avesse avuto informazioni da Francesco Cossiga, il primo poi a parlare pubblicamente di attacco missilistico francese». […]

Dice di essere strabiliato davanti all’ipotesi che nel 1980 ci fosse un patto occulto per lasciare transito agli aerei libici nei cieli italiani. Ma che differenza c’è con Craxi che nel 1986 avvisa Gheddafi che gli americani stanno per bombardare Tripoli?

«Enorme. Craxi insorge a difesa della sovranità nazionale, perché non tollera l’idea che l’Italia, allora potenza del Mediterraneo, non venga nemmeno informata di una azione simile. Craxi voleva che la politica estera italiana uscisse dalle ambiguità e dai sotterfugi e ha pagato un prezzo molto caro per questo. Ustica è una storia che si produce dentro quella ambiguità».

C’erano due livelli decisionali nel nostro Paese, uno pubblico e uno occulto?

«Nel 1980 sicuramente. Craxi lo disse anche nel suo discorso di insediamento come presidente del Consiglio, l’Italia doveva sottrarsi a una condizione di subalternità, qualcosa di intollerabile, e lui lo fece a Sigonella, lo fece con Gheddafi, e manifestando dubbi su Maastricht. Poi c’era un’altra corrente, filocossighiana appunto, per la quale se una cosa la chiedono gli Usa, allora si fa. Ci sono esempi anche recentissimi, come quando da presidente del Consiglio Giuseppe Conte consentì al ministro della Giustizia William Barr di interrogare i vertici dei nostri servizi senza neanche essere accompagnato da una alta carica politica italiana». […]

Quindi, secondo lei, per cercare una verità storica bisogna bussare a Washington più che a Parigi?

«A differenza dei francesi, gli americani hanno questa abitudine: a scadenza svuotano gli archivi. L’ho sperimentato anche io potendo consultare nelle carte Fbi la vicenda Falcone. Tutte le comunicazioni dell’ambasciata al Dipartimento di Giustizia sono state desecretate. L’unica via mi sembra imbracciare la armi del diritto e formulare delle domande in grazia di Dio»