PUÒ DARSI CHE SI TRATTI SOLTANTO DI UNA ESERCITAZIONE GIORNALISTICA MA DUE GIORNALI DEL PESO DE “LA STAMPA” E DE ” LA REPUBBLICA” NON SI METTONO A GIOCARE CON LA FANTAPOLITICA. HANNO ACCESSO A FONTI AUTOREVOLI E SE VEDONO NEL FUTURO UNA POSSIBILITÀ CHE SI RIPRESENTI LA SITUAZIONE DEL 2011 SARÀ PERCHÉ SONO I NUMERI A NON ESCLUDERLO. SI RAGIONA, INFATTI, SUI NUMERI CONTENUTI NELLA NADEF E SE CRESCE L’INDEBITAMENTO E CALA LA CRESCITA, COL RAPPORTO DEFICIT- PIL CHE PEGGIORA, È PREVEDIBILE UN’ALLERTA DEI MERCATI E UN PIÙ STRETTO CONTROLLO SUI CONTI PUBBLICI DA PARTE DI BRUXELLES. OCCHIO ALLO SPREAD COMUNQUE CHE HA SFIORATO QUOTA 200, LONTANISSIMA DA QUOTA 550 DEL 2011, MA UGUALMENTE INDICATIVA DI UNA SITUAZIONE CHE POTREBBE FINIRE FUORI CONTROLLO. L’ECONOMIA HA LE SUE LEGGI, I MERCATI OSSERVANO E DECIDONO, LA POLITICA , CON LE EUROPEE IN SCADENZA, È PRONTA A REALIZZARE LE SUE CONVENIENZE. CHI PUNTA A MODIFICARE GLI ATTUALI EQUILIBRI NEL PARLAMENTO EUROPEO DEVE SAPERE QUALI RISCHI CORRE.
MELONI, LO SPREAD PREOCCUPA SOLO CHI VUOLE CHE CADIAMO
(ANSA) – ROMA, 29 SET – “Questa preoccupazione la vedo soprattutto nei desideri di chi come sempre immagina che un governo democraticamente eletto, che fa il suo lavoro, che ha una maggioranza forte e stabilità, debba andare a casa. Mi diverte il dibattito, temo che questa speranza non si trasformerà in realtà”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Malta, commentando i timori sullo spread dopo la Nadef: “L’Italia è una nazione solida, ha una previsione di crescita superiore alla media europea per il prossimo anno. Lo spread ha ricominciato a scendere. Dopo aver letto alcuni titoli gli investitori hanno letto anche i numeri della Nadef”.
LO SPETTRO DEL GOVERNO TECNICO LA STRADA STRETTA DEL GOVERNO TRA GLI OSTACOLI ECONOMICI E LA SFIDA EUROPEA
Estratto dell’articolo di Annalisa Cuzzocrea per “la Stampa”
«Simul stabunt simul cadent» è il motto più citato – in queste ore- nei palazzi di governo e Parlamento. «Vivranno insieme o insieme cadranno», è il significato, e le protagoniste sono ancora una volta Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Lo spettro che spaventa entrambe, […] si chiama governo tecnico. […] «Lo spread ha toccato 200 punti base». Il differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi è salito molto più rapidamente di quanto non avesse previsto, solo pochi giorni fa, Morgan Stanley. La banca d’affari scriveva, preoccupata, che di questo passo avrebbe potuto arrivare a 200 punti a dicembre. Sono bastati quattro giorni invece di tre mesi, segno che le fibrillazioni sono maggiori di quanto gli stessi investitori non erano previste. […] I segnali che chi non auspica uno scenario del genere, a destra come a sinistra, ha iniziato a mettere in fila ea ritenere preoccupazioni, non sono pochi: cominciano il 6 settembre, con l’intervento di Mario Draghi sull’Economist: «All’ L’Europa serve nuove regole e più sovranità condivisa». Non proprio miele, per le orecchie dei sovranisti. Continuano il 13, quando l’ex premier accetta dalla Commissione Ue l’incarico di delineare una strategia sul futuro della competitività europea. Poi il 16, quando arriva un incarico anche per Enrico Letta, tanto da far dire a Carlo Fidanza, plenipotenziario di Meloni in Europa: «Evidentemente in questo periodo gli ex premier italiani sono molto gettonati a Bruxelles». Ma a far scattare l’allarme rosso a Palazzo Chigi è l’editoriale del Financial Times del 18 settembre: il titolo è «La luna di miele è finita». E poi: «La legge di bilancio di Meloni metterà alla prova l’instabile relazione con gli investitori». È lì, che comincia a scattare la retromarcia: sulle banche non si può tirare troppo la corda, e la tassa sugli extraprofitti viene rivista e di fatto neutralizzata. Gli attacchi al commissario europeo agli Affari Economici Paolo Gentiloni rientrano, da giornalisti che si erano fatti. […] «Che questo spettro ci sia è provato dal fatto che Meloni lavora dal primo giorno affinché non si materializzi», dice in Transatlantico il deputato pd Matteo Orfini elencando le cautele: da quelle in economia ai buoni rapporti con l’amministrazione americana. Poi certo, va da Orban a difendere Dio, ma quelle mosse – dice chi la conosce bene – nascono dal suo timore più grande: tradire sé stessa e la sua storia. Solo che, l'”irrituale” lettera a Scholz sulle Ong, la fuga di Piantedosi dalla riunione dei ministri Ue che di fatto ha bloccato il nuovo patto sulle migrazioni, il tira e molla sul Mes, sono tutti tasselli che formano un nuovo puzzle agli occhi di Europa e mercati. E sulla scatola si legge: “inaffidabilità”. Così si comincia a intravedere un cordone di sicurezza attorno all’Italia: Draghi, Letta, ma anche il governatore designato della Banca d’Italia Fabio Panetta. «Se ci fosse lui, non sarebbe necessario spaccare Fratelli d’Italia, la stessa Meloni potrebbe decidere di lasciare vivere un governo di larghe intese per poi lucrarci su elettoralmente altri dieci anni», ragiona un ex ministro. Tutto questo chiaramente in caso i dati economici e l’autunno caldo portassero il Paese a una situazione di estremo malessere. È un’ipotesi decisamente lontana, ma non vuol dire che non ci sia chi si prepara. E a prepararsi, come sempre, è il Partito democratico. Che ha letto in questa chiave l’incontro accordato da Sergio Mattarella al commissario europeo dem Paolo Gentiloni lo scorso 21 settembre: un segnale all’Europa, lui ha l’appoggio italiano, nei giorni degli attacchi di Meloni e Salvini. Ma anche un segnale a premier e vicepremier: attenzione a destabilizzare, che poi a cercare un nuovo equilibrio è il capo dello Stato. […] A dire “al voto” sarebbe anche Schlein. Ma più grande è il “correntone” che dice di sostenerla, più forte il rischio che la butti giù, se lo schema cambiasse. A quel nascente correntone lei ha dato entrambi i capigruppo, di Camera e Senato. […]
Estratto dell’articolo di Stefano Folli per “la Repubblica”
[…] c’è il ritorno sulla scena dello “spread” che ieri ha toccato i 200 punti. […] Ed è certo vero, ma la fragilità italiana, ossia l’enormità del debito gravante sui tassi sempre più alti, rende ancora una volta il nostro paese una specie di “malato d’Europa”. […] La domanda è soprattutto una: la storia si può ripetere? I 200 punti di oggi possono diventare i 574 che dodici anni fa diedero fuoco alle polveri? Senza dubbio c’è chi lo teme e chi invece se lo augura. Un crollo del governo Meloni non tanto sotto il peso del fallimento programmatico, quanto per una crisi che investe i mercati finanziari al massimo livello, cambierebbe la cornice politica e i termini stessi del confronto pubblico. In realtà siamo molto lontani da un simile esito. Lo scenario del 2011 era diverso […] Ciò non toglie che in questi giorni l’atmosfera sia tutt’altro che serena. Il rapporto con le istituzioni europee è sempre più faticoso e il tema dell’immigrazione s’incrocia con la crisi degli “spread” che drena risorse senza fine. Ma il governo non può rinunciare del tutto a spendere […] Ed ecco un corto circuito dagli sbocchi complessi […] Va detto che tra questi sbocchi non è alle viste un “governo tecnico”, ossia una soluzione estrema che vedrebbe al centro il Quirinale. Evocarlo è fin troppo facile […] ma […] il 2023 non è il 2011. […] Giorgia Meloni è entrata nella fase in cui i nostri governi galleggiano sulle emergenze […] Tuttavia una pressione europea per cambiare gli equilibri a Roma sembra irrealistica a pochi mesi dalle elezioni. A meno che il centrodestra non scelga esso stesso la strada della destabilizzazione. Le attività della Lega a sostegno dell’estrema destra in Francia e in Germania possono restare un fatto folkloristico oppure trasformarsi in un pericolo per l’Unione. In tal caso il quadro cambierebbe. Resta da vedere un dato. È vero che il governo Meloni si è indebolito, come testimonia la difficoltà di tenere sotto controllo i conti pubblici. Ma i sondaggi continuano a riservare a lei, alla premier, un trattamento positivo. Il 28,5 della media YouTrend è un risultato più che significativo. […] E che si fonda ancora una volta sull’inesistenza di un’alternativa.