(nella foto Giorgia Meloni)
I NUMERI CON I QUALI L’ECONOMIA DEL NOSTRO PAESE DEVE FARE I CONTI SONO CHIARI. E’ PROBABILE CHE FRA TAGLI AI MINISTERI, QUALCHE CONDONO E UN PO’ DI DISMISSIONI A PRIVATI DI BENI E ATTIVITÀ PUBBLICHE, IL GOVERNO TROVI I 10 MILIARDI CHE MANCANO ALLA MANOVRA MA NON SARÀ LA FINE DEI PROBLEMI. L’ALLERTA DEI MERCATI È CONCENTRATA SUL DEBITO PUBBLICO CHE HA RAGGIUNTO I 3MILA MILIARDI, SUL RAPPORTO DEFICIT- PIL E SULLO SPREAD CHE REGISTRA IL RENDIMENTO DEI NOSTRI BTP DECENNALI A FRONTE DEI BOND TEDESCHI. LE ACCUSE DELLA LEGA ALLA GERMANIA CHE SAREBBE IMPEGNATA A OCCUPARE L’ITALIA CON ESERCITI DI MIGRANTI COME 80 ANNI FA CON GLI ESERCITI MILITARI VA BENE PER IL CAZZEGGIO NELLE OSTERIE E NEI BAR DELLA VAL BREMBANA. MA CHE LA MELONI SCRIVA SUL PROPRIO PROFILO CHE CI SAREBBE UN COMPLOTTO CONTRO L’ITALIA PER FARE CADERE IL GOVERNO DA LEI PRESIEDUTO E POCO AMATO FRA I PAESI DELL’UE, VUOL DIRE CHE IL RISCHIO DI UNA SITUAZIONE COME NEL 2011, CHE DETERMINÒ IL RIPIEGO SU UN GOVERNO TECNICO, NON È POI COSÌ ASTRATTO E INFONDATO. IL VITTIMISMO RIFLETTE DI SOLITO LA PERDITA DEL CONTROLLO DELLA SITUAZIONE E PORTA A VEDERE NEMICI OVUNQUE. DENTRO E FUORI CASA.
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
La data simbolo di questo autunno sui mercati è il 17 novembre. La conoscono al ministero dell’Economia. E la attendono con nervosismo anche a Palazzo Chigi. In piena legge di stabilità, Moody’s deciderà sull’affidabilità dell’Italia. […] Se dovesse scegliere la strada del downgrading, cioè del declassamento dell’affidabilità del Paese, si passerebbe dal livello di “investment grade” a quello dello “speculative grade”. Significherebbe proiettare Roma nel club poco ambito di chi è “junk”, anche se al livello più alto di quella categoria (ci sono altri dieci step, fino al default). Il problema è che l’eventuale passaggio da Baa3 a Ba1 avrebbe un effetto negativo sugli investitori. Alcuni grandi fondi non possono mantenere titoli di Stato del genere nei portafogli convenzionali. Se poi il declassamento venisse accompagnato da scelte analoghe di due delle tre altre grandi agenzie S&P, Fitch e Dbrs […] allora l’effetto sarebbe grave: le emissioni del Tesoro verrebbero escluse da tutte le principali piattaforme europee ed internazionali degli acquisti, finanziarsi diventerebbe una faccenda più complessa e, soprattutto, assai più costosa […]. […] Già oggi, ad esempio, il Tesoro avvia un’importante emissione di titoli. Uno snodo utile a capire il clima tra gli azionisti. […] A chi gli chiede un commento, il titolare del Tesoro risponde: «Il dialogo con le agenzie è costante. E se hanno letto la Nadef senza pregiudizi, al contrario di qualcuno, allora siamo tranquilli». Tranquilli perché al ministero ritengono di aver scritto una Nadef solida che mette al riparo l’Italia da eventuali giudizi negativi. Attenzione: la risposta di Giorgetti non deve essere tradotta però come un invito a considerare semplice il compito che il governo si trova ad affrontare. Semmai, sembra consigliare tutti – anche i suoi colleghi dell’esecutivo – a gestire con un approccio rigoroso le prossime settimane […]. E d’altra parte, era stato proprio Giorgetti a mettere tutti in guardia dieci giorni fa:«Ogni mattina, quando mi sveglio, ho un problema: devo vendere il debito pubblico. Per convincere la gente ad avere fiducia, devo essere accattivante. Non mi fanno paura le valutazioni dell’Ue, ma quelle dei mercati che comprano debito pubblico ». […] Quelle del ministro non sono parole spese a caso. A via XX settembre si muovono e intervengono nel dibatitto pubblico avendo chiaro questo calendario: il 29 settembre – dunque tre giorni fa – la valutazione di Kbra (Bbb con outlook rivisto verso il positivo), il 20 ottobre quella di Standard & Poor’s, il 27 ottobre Dbrs, il 10 novembre Fitch, il 17 novembre Moody’s, il primo dicembre Scope Rating. Sei giudizi, sei snodi in poco più di quaranta giorni. Come detto, conta soprattutto la valutazione di Moody’s. Nel maggio scorso, l’agenzia aveva confermato la classificazione di Baa3, senza aggiornarla. E sancendo un outlook negativo, dunque una previsione tendente al peggioramento. Se c’è un dettaglio a preoccupare, è quello racchiuso nella credit opinion pubblicata proprio da Moody’s il 23 maggio scorso. C’è scritto che tra i fattori che potrebbero provocare un declassamento c’è un «significativo indebolimento della forza economica e fiscale dell’Italia», a partire dalle misure di sostegno alla crescita del Pnrr. E ancora, si indicano come eventuali segnali negativi quelli legati a una «significativa tendenza al rialzo del debito», frutto di una «crescita più debole», di un’impennata dei costi per i tassi d’interesse e di un «sostanziale allentamento fiscale ». Condizioni negative, frutto anche della congiuntura, condivise però con il resto dei big Ue, ad eccezione dell’alto debito pubblico. A tutto questo bisogna aggiungere lo spread, inchiodato un centimetro sotto quota 200. Tutti indizi che allarmano Giorgia Meloni. E che hanno alimentato anche nelle ultime ore i sospetti di Palazzo Chigi su presunte manovre della grande finanza per colpire il governo.
Estratto dell’articolo di Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Non hanno paura dei tecnici, Giorgia Meloni e i suoi fratelli. O almeno, così raccontano. E quando ne parlano tra loro, sorridono e ridono della «disperazione di parte della sinistra» che spera di vederli cadere. «È il solito cinema», ha dichiarato al Corriere il ministro e cognato Francesco Lollobrigida e la leader di FdI condivide sia il merito sia il tono della risposta. Perché lo spread «quando a Palazzo Chigi arrivò Draghi era più alto che adesso», ricorda in queste ore Meloni ai collaboratori e li sprona a rispondere per le rime: «L’opposizione ci fa un grosso favore, questi attacchi finiranno per rafforzarci molto». Se la premier e i suoi fedelissimi respingono spavaldi l’ipotesi di un attacco dei mercati […] è perché sono convinti di aver analizzato ogni possibile scenario alternativo. La conclusione a cui sono arrivati è che «l’opposizione non c’è» e soprattutto, non si vede all’orizzonte un’altra coalizione che possa dar vita a un esecutivo non guidato da Giorgia Meloni. […] Quando poi gli inquilini di Palazzo Chigi allargano lo sguardo oltre l’orizzonte dell’Italia, il cielo ai loro occhi appare ancor più sgombro di nubi. Un ministro la spiega così: «Noi siamo l’unica garanzia per il blocco atlantico […]. Quale maggioranza potrebbe dare più rassicurazioni del governo Meloni? Forse il Pd di Schlein e i 5 Stelle di Conte?». I meloniani non sembrano credere a un complotto internazionale, ma sono ben felici che la suggestione continui ad agitare i palazzi. Il vero destinatario degli avvisi della premier […] è […] Matteo Salvini. Da giorni la leader di FdI, che nel partito descrivono «fuori dalla grazia del cielo con Matteo», cercava un modo per stoppare una volta per tutte i quotidiani strappi del segretario leghista. Finché le ricostruzioni sullo spread che può spianare la strada ai tecnici le hanno offerto l’occasione per far capire agli alleati che, per quanto Meloni non coltivi questa tentazione, «se salta il tavolo si va a votare». E se qualcuno spera che FdI possa spaccarsi per sostenere un altro premier […], per lei ha sbagliato i conti. «Quelli che non mi seguirebbero all’opposizione sono pochissimi», spera Meloni e si dice sicura che il suo partito […] volerebbe «oltre il 30%». Gli avvertimenti a Salvini non finiscono qui. Lollobrigida ha in sostanza ricordato al ministro dei Trasporti che un vicepremier non può «scaricare le responsabilità» sul governo di cui fa parte. E un altro messaggio spedito all’indirizzo di via Bellerio riguarda l’invocazione di un rimpasto. «I numeri parlamentari saranno gli stessi anche dopo le Europee», è la replica sottovoce dei meloniani, per nulla favorevoli a cedere ai leghisti uno o più ministeri. La premier lo ha spiegato più volte alla sua squadra e potrebbe ribadirlo nel prossimo Cdm: «Voglio guidare il primo governo che dura 5 anni». E anche se Daniela Santanchè fosse costretta a lasciare […], la linea è decisa: «Ci sarà un nuovo ministro del Turismo, ma niente rimpasti».