(nella foto Giorgia Meloni e Ignazio La Russa)
1 – GIORGIA METTE LE RIFORME NELLA MANI DI LA RUSSA
Wanda Marra per il “Fatto quotidiano” – (Estratti)
Raccontano ironicamente che Roberto Calderoli in questi giorni assomigli a uno “stalker”, pronto ad approfittare di tutti gli spazi. Ieri mattina presto ha convocato la bicamerale per gli Affari regionali per votare il parere della sua proposta di Autonomia differenziata. Tutto per accelerare, con una dinamica che rende evidente lo scambio, tra la riforma storicamente voluta dalla Lega e il premierato spinto da Giorgia Meloni. La polemica delle opposizioni, che in Senato non hanno partecipato al voto denunciando la “forzatura”, è appena iniziata quando arriva la notizia che le riforme costituzionali inizieranno il loro iter legislativo dal Senato e non dalla Camera: partire da Montecitorio sarebbe stata una scelta naturale, proprio perché la commissione Affari costituzionali del Senato è impegnata con l’Autonomia. Denuncia il capogruppo Pd, Francesco Boccia: “I nostri timori erano fondati: Palazzo Madama sarà il luogo dove FdI e Lega si controlleranno a vicenda”. (…) Poi l’Aula si blocca per la manovra, ma per fine gennaio il testo dovrebbe essere licenziato dal Senato. E a febbraio dovrebbe essere completata la prima lettura delle riforme costituzionali. Un modo per procedere in parallelo. A parte lo scambio c’è un’altra ragione per cui per Meloni partire dal Senato è meglio: il presidente, Ignazio La Russa, è sicuramente più affidabile di Lorenzo Fontana, presidente della Camera; così come Attilio Balboni (FdI), presidente della commissione è più affidabile di Nazario Pagano, l’omologo forzista, a Montecitorio. Senza contare che i tempi sono contingentati, il che rende più difficile l’ostruzionismo. Pure se a guardare la commissione di Palazzo Madama qualche problema la maggioranza potrebbe averlo: c’è anche Marcello Pera, che sul testo ha avanzato non poche perplessità. (…)
2 – MELONI PREMIERATO IN MANO AI FEDELISSIMI
Francesco Olivo per “la Stampa” – (Estratti)
(…) Portare al Senato la prima delle quattro letture vuol dire anche cercare di arginare con più facilità il probabile ostruzionismo dell’opposizione. Con i nuovi regolamenti di Palazzo Madama, infatti, si può andare più spediti. In FdI, poi, si immagina che La Russa possa mostrarsi più intransigente sugli emendamenti del centrosinistra rispetto a quello che farebbe alla Camera, il presidente leghista Lorenzo Fontana. Qui si innesta un altro tema che a Palazzo Chigi tengono in grande considerazione: il percorso parallelo tra premierato e autonomia. Il sospetto della Lega, infatti, è che Meloni voglia marcare stretto il percorso del ddl sul federalismo che a gennaio dovrebbe approdare in Aula. La tesi ufficiale è che lo spostamento al Senato della riforma del premierato si debba soltanto a motivi di organizzazione del calendario delle Camere. Palazzo Madama, infatti, sta già lavorando sulle riforme e la commissione Affari costituzionali, licenziato il ddl sull’Autonomia differenziata, sarà libera di esaminare quella sull’elezione diretta del capo del governo. «Non è una scelta politica», dice Casellati. La ministra nel frattempo sta affrontando l’altra parte della riforma, ovvero la legge elettorale. Casellati camminando in Transatlantico rivela che qualcosa si sta muovendo, «sto già lavorando al testo», senza dare troppe indicazioni sui tempi della presentazione, «entro Natale? Non mi voglio sbilanciare, perché è un tema complicato». Anche stavolta, quindi, non sarà il parlamento a fare una proposta, aspetto che aggiunge malumori a un clima già non positivo tra i deputati e i senatori della maggioranza che si sentono esautorati da un esecutivo che governa a colpi di decreti. Nella legge elettorale, secondo quanto rivelato da Casellati, sarà affrontato anche il tema del limite ai mandati del premier, un’indicazione che non è presente nel ddl presentato la scorsa settimana. Non certo un dettaglio.