Tommaso Ciriaco per repubblica.it – Estratti
Lo dice col sorriso, ma Giorgia Meloni lo dice. Anche a costo di riaccendere lo scontro: “Cosa penso della scelta di Schlein di non accettare l’invito ad Atreju? La nostra è una festa aperta per antonomasia, è stata la prima festa a immaginare confronti anche con leader molto diversi tra loro. C’era un tempo molto lontano da oggi, anche in un altro clima, in cui Fausto Bertinotti non aveva timore a dialogare – pur dall’orgoglio della diversità delle proprie posizioni – con qualcuno che era molto distante da lui. Prendi atto che le cose sono cambiate”. I giornalisti la incalzano, Meloni cerca le parole giuste, ma non risparmia una nuova stoccata: “Non so come interpretare la decisione di Schlein. Io mi sono sempre presentata quando sono stata invitata. E sono stata quella che ha aperto agli inviti ai leader della sinistra quando ero presidente di Azione giovani”. Da tempo, d’altra parte, Meloni cerca di ‘marcare’ Schlein, polarizzando il confronto con l’avversaria. E dunque, quale miglior occasione di rilanciare, partendo dal rifiuto di presenziare ad Atreju: “I leader che hanno partecipato alla festa nel corso di questi oltre 25 anni sono stati tutti, ricordo diversi capi di governo della sinistra, dall’attuale commissario europeo (si riferisce a Paolo Gentiloni, ndi) ad Enrico Letta. Sarebbe una delle pochissime volte in cui qualcuno dice di no, ma non mi sento di giudicarla. La manifestazione si svolge lo stesso: supereremo”. (…) Schlein che, come anticipa a Repubblica, replica: “Dopo mesi di rinvii Giorgia Meloni vuole sfilare definitivamente al Parlamento la discussione sul salario minimo, voltando le spalle a 3.5 milioni di lavoratori e lavoratrici. È lì che vi aspettiamo per confrontarci e votarlo, se ne avete il coraggio”.
La trattativa con Bruxelles sul patto di stabilità
L’altro grande tema che solleva la presidente del Consiglio, al termine del viaggio in Croazia, attiene al Patto di stabilità. Per Meloni, nulla può essere escluso nella trattativa con Bruxelles, neanche il veto italiano, possibile se non dovesse esserci accoglimento alle richieste di Roma. Si riferisce, in particolare, alla proposta di scomputare dal calcolo del debito quelli per il green e il digitale, previsti nel Pnrr. Per la premier, comunque, non è necessario arrivare a una rottura definitiva: “Stiamo portando avanti posizioni più che sensate. Abbiamo cercato varie ipotesi che fossero ragionevoli con gli impegni che abbiamo’’. Se invece l’Europa dovesse insistere su una proposta che penalizza l’Italia, allora il rischio è davvero quello di bloccare un patto entro il 2023: “Certo, se devo impegnarmi a rispettare un Patto che so di non poter rispettare, il problema, allora me lo dovrò porre. Perché preferisco non essere nella condizione di rispettare un Patto che non ho votato. Ma non credo che arriveremo lì. Stiamo solo cercando una soluzione che sia sostenibile, perché sarebbe folle da parte nostra dire che ci va bene un accordo che non è sostenibile. Sarebbe controproducente per la nazione che rappresentiamo’’.