Estratto dell’articolo di Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
Matteo Renzi, a chi si riferisce Giorgia Meloni quando dice che qualcuno la ricatta?
«Ma chi vuole che la ricatti? È il solito vittimismo con cui ci delizia da sedici mesi. La nostra premier passa le giornate a inseguire i fantasmi, anziché governare. Forse perché sa qualcosa che noi non sappiamo».
Sono accuse gravi le sue.
«Nessuna accusa, solo una constatazione. Lei è molto abile e sta già preparando l’opinione pubblica. Evidentemente prepara il clima perché sa che qualcuno dei suoi — uno di famiglia o del cerchio magico — ha combinato qualche pasticcio. Non sarebbe una sorpresa visto il livello dilettantistico della sua squadra. Neanche in Corea del Nord abbiamo una premier che mette la sorella alla guida del partito e il cognato capo delegazione al governo».
Sul caso Pozzolo lei ha detto che Delmastro dovrebbe dimettersi, ma il sottosegretario non era presente nel momento dello sparo.
«E che c’entra? Delmastro organizza la cena e invita gli amici della scorta. Che noi paghiamo per proteggerlo, non per gozzovigliare con lui. Ma lui non ha una scorta come tutti gli altri: ha una falange personale di amici. Uno spettacolo indecoroso: la scorta della polizia penitenziaria è guidata da un compagno di partito che è pure sindacalista. E anziché fare la scorta questo porta tutta la famiglia, bambini inclusi, a una cena con pistole. A me sembrano tutti fuori di testa. Sarò vecchio stile io ma le istituzioni non si meritano queste scene sudamericane».
Non apprezza il fatto che Meloni abbia subito sospeso Pozzolo?
«Puro cinismo. Scarica Pozzolo come capro espiatorio, caprone direi, per salvare l’amichetto Delmastro. Che le serve al governo, specie al ministero della Giustizia, specie con questa polizia penitenziaria. È Delmastro che se ne deve andare e non perché è sotto processo – io sono garantista, aspetto le sentenze – ma perché denota una visione proprietaria delle istituzioni. Uno ferma il treno a piacimento, l’altro organizza il veglione con gli spari, il terzo spiffera in Parlamento documenti riservati. Non si capisce se è il partito di maggioranza o il cast di un cinepattone. Ma loro non fanno ridere».
A suo avviso dopo le Europee il governo entrerà in affanno?
«È già in affanno ma lei è bravissima a nasconderlo. Devono trovare 15 miliardi per il 2024 e 35 miliardi per il 2025. Per sei mesi la premier anestetizzerà tutto con la campagna elettorale. Si atteggerà a statista in politica estera dove pure non tocca palla. Cannibalizzerà Salvini e Tajani e a luglio gestirà il rimpasto da un punto di forza».
Alla conferenza stampa, la premier ha assunto un atteggiamento diverso dal solito, più morbido: forse intende puntare anche ai voti dei moderati, cioè gli stessi ai quali mirate voi.
«Lei svuoterà Forza Italia. Chi tra gli elettori di Berlusconi non vorrà votare una sovranista e giustizialista che ha aumentato le tasse, allora voterà per noi. Tajani è irrilevante da sempre, oggi ancora di più. Un moderato che votava Forza Italia eleggeva Berlusconi, adesso elegge Gasparri. C’è un po’ di differenza, diciamo».
[…] Pd e 5 stelle ritengono che dopo le inchieste Anas che riguardano Verdini, Salvini dovrebbe spiegare in Aula. Lei?
«La penso come il mio ex ministro Enrico Costa: i processi si fanno nelle aule di giustizia, non nelle aule del Parlamento. Dem e grillini non si rendono conto che buttarla sul giustizialismo è un autogol. Questo governo va incalzato su ciò che non va, non ricompattato su una facile difesa garantista. Si lasci l’indagato Tommaso Verdini al suo processo e si faccia politica su altro. Sempre che si sia capaci di farla».
Meloni si è scelta come avversaria Schlein, tagliando fuori Conte: secondo lei perché?
«Perché è una operazione win win per entrambe. L’una ha bisogno dell’altra. Conte ha un altro stile e per certi versi la Meloni lo soffre di più: sul Mes, sulla Rai, sul populismo Conte è la vera stampella di Giorgia. Conoscendo Conte poi potrebbe persino allearsi all’ultimo minuto con la Meloni: uno che passa da Salvini a Zingaretti è capace di tutto».
Lei non teme che il premierato, con un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento e un premier votato dagli elettori, porti all’instabilità permanente?
«Chi dice di aver paura del premier eletto lo dice perché teme gli elettori, non il premier. La democrazia non può far paura. Io sarei per l’elezione diretta anche del presidente della Commissione europea. Dopodiché la nostra Costituzione calibra la figura del presidente della Repubblica come quella di un arbitro. Per questo sono stato tra quelli che hanno voluto Mattarella nel 2015 e che non hanno accettato la direttrice dei servizi segreti nel 2022. Forse se ho svolto un piccolo ruolo in queste scelte è perché ho una visione delle istituzioni diversa dai pistoleri di San Silvestro ma anche di chi paventa la deriva autoritaria tre volte alla settimana. La Meloni non porterà mai a casa questa riforma. Ma se lo facesse la voterei perché le riforme servono al Paese, non a una parte politica». […]