(nella foto Luca Zaia e Matteo Salvini)
1 – EUTANASIA: SALVINI, ‘BENE NO CONSIGLIO VENETO, ANCH’IO AVREI VOTATO COSI” =
(Labitalia) – “La mia posizione e’ chiara: la vita va tutelata dall’inizio alla fine. Bisogna garantire tutte le cure necessarie alle future mamme e a coloro che sono in difficoltà, alla fine dei loro giorni, senza arrivare ai livelli olandesi della morte per procura. Il Consiglio regionale del Veneto ha votato, questa è democrazia. Hanno vinto i no. Avrei votato anche io in quel senso lì”. Lo ha detto il leader della Lega e vice premier Matteo Salvini, ospite di ‘Agorà’.
2 – FINE VITA, ALTOLA’ A ZAIA
Estratto dell’articolo di Francesco Moscatelli per “La Stampa”
Nulla di fatto in Veneto. Per un solo voto, dopo una giornata di discussioni, di pianti nelle segrete stanze, di Ave Marie in latino recitate fuori dalla sede del consiglio regionale, di telefonate da Roma, ma soprattutto di conteggi e di riconteggi, la legge di iniziativa popolare sul fine vita per la quale lo stesso presidente Luca Zaia si è molto speso non raggiunge il quorum sui primi due articoli (25 favorevoli, 22 contrari, 3 astenuti che di fatto pesano come dei No e un assente). Il risultato? La norma viene rinviata in commissione e di fatto perde quel carattere di urgenza (che lo Statuto regionale riconosce alle proposte di legge promosse dal basso) che ieri ha trasformato palazzo Ferro-Fini nel primo parlamentino italiano in cui davvero la questione del suicidio assistito è stata affrontata a viso aperto. […] Il Veneto, dove finora sono arrivate sei richieste di suicidio assistito (due accolte e quattro respinte), sarebbe stata la prima Regione a dotarsi di una normativa in materia, stabilendo un termine massimo di 27 giorni alle Asl per rispondere ai pazienti che ne avessero fatto richiesta in base ai quattro criteri stabiliti nella sentenza del 2019 della Consulta sul caso di Dj Fabo: capacità di autodeterminazione, presenza di una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute insopportabili e dipendenza da trattamenti di assistenza vitale. […] Un confronto durato oltre otto ore in cui il merito del progetto di legge 217, per la quale l’associazione Luca Coscioni aveva raccolto oltre 9 mila firme, si è intrecciato con un referendum tutto politico sulla presidenza Zaia. Un referendum particolarmente significativo dato che arriva quando manca poco più di un anno alla fine della legislatura, con Fratelli d’Italia in ascesa e con la Lega che appare ben lontana dal convincere il resto del centrodestra ad approvare una legge che garantisca il terzo-quarto mandato al “Doge”. Prova ne è che entrambi gli schieramenti ne sono usciti stravolti e che, pur avendo mancato per un soffio il traguardo di far approvare la legge, quello che forse era l’obiettivo politico di Zaia, dare una scossa al sistema ribadendo la sua centralità dopo il 76,7% di consensi bulgari delle regionali 2020, in qualche modo è stato comunque centrato. Il centrodestra si è spaccato, con Fdi e Forza Italia che hanno votato contro, ma soprattutto con il pattuglione leghista diviso fra i 16 fedelissimi del “Doge” che si sono espressi a favore, e gli 11 salviniani schierati con il resto della maggioranza. E pazienza se il governatore per tutta la giornata di ieri non ha fatto altro che ripetere che «la Lega ha lasciato libertà di coscienza». Alla fine, a uscirne ancora peggio del centrodestra, è stata il centrosinistra. Pardon: il Pd. Nonostante l’indicazione di voto del gruppo, e a quanto pare anche nonostante svariati tentativi di moral suasion a tutti i livelli, la consigliera dem veronese Annamaria Bigon si è astenuta, contribuendo in modo determinante all’affossamento della legge.
3 – «NON HO FATTO CONTEGGI MA È DA IPOCRITI NON VOLERE UNA NORMA»
Estratto dell’articolo di Cesare Zapperi per il “Corriere della Sera”
«Qualcuno ha voluto far passare il messaggio, scorretto oltre che sbagliato, che la legge autorizzasse il fine vita. Ma non è così. Questa possibilità esiste già in forza di una sentenza della Corte costituzionale del 2019. Puntava a regolare modalità e tempi». Di fronte al pareggio che ha decretato il rinvio in commissione (e quindi, sul binario morto) il progetto di legge sul suicidio medicalmente assistito, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia rigetta la lettura politica che dà il centrodestra spaccato (FdI e FI hanno votato contro, nella Lega qualcuno si è detto a favore, qualcuno contro, due si sono astenuti).
Presidente, davvero non è stato un voto politico?
«Non scherziamo. Dovevamo votare su un tema etico, non politico. Ognuno si è espresso secondo coscienza. Per quanto riguarda la Lega non abbiamo mai fatto una riunione per contare i voti. Avrei trovato vomitevole il contrario».
Tutti vanno a guardare i voti, la divaricazione è evidente.
«Guardi che anche il centrosinistra si è spaccato. Sui temi etici, vedi l’aborto, non ci sarebbe l’unanimità in nessuno schieramento».
L’esito l’ha sorpresa?
«No, penso che sia uscita una rappresentazione della spaccatura che su questi temi vive l’intero Paese. Anche se in cuor loro, credo, i cittadini sarebbero favorevoli ad avere una legge che regola i comportamenti che si possono tenere in situazioni così delicate anche dal punto di vista etico. Io, comunque, rispetto tutte le posizioni. Anche quelle di chi non ha avuto rispetto per le mie».
Con chi ce l’ha?
«Con chi nega l’evidenza, con gli ipocriti che fingono di non vedere che il suicidio assistito c’è già ma respingono la necessità di adottare una legge per regolamentarlo».
C’era l’occasione e non è stata sfruttata.
«Esatto. E ricordo che non era una legge voluta da me o dalla mia giunta, ma era una iniziativa popolare sostenuta da una raccolta di 9 mila firme da parte dell’associazione Coscioni che è stata presentata in tutte le Regioni».
Non era lei il promotore ma la Regione l’ha portata avanti.
«Certo, lo Statuto del Veneto prevede che i progetti di legge di iniziativa popolari debbano essere discussi entro sei mesi. E così è stato».
In Consiglio i contrari le hanno obiettato che il compito di varare una legge tocca al Parlamento.
«Hanno ragione, ma a oggi nulla di fatto. L’ufficio legale del Consiglio regionale ha detto che l’iniziativa era comunque legittima e quindi le ha dato corso. Ma, ripeto, non è questo il punto».
E qual è, allora?
«Dobbiamo ricordare che tutto parte dalla sentenza della Corte costituzionale che rende possibile, a determinate condizioni, il fine vita».
Quali condizioni?
«Una malattia con esito infausto; vivere grazie ad un supporto vitale; l’insostenibilità del dolore fisico e psicologico; la libertà di scelta e la capacità di intendere e di volere».
E allora, che altro serve?
«Serve normare nel dettaglio le procedure e i tempi, a tutela estrema del paziente, aspetti non contenuti nella sentenza della Consulta».
Lei comunque condivideva la proposta di legge.
«L’ho scritto nel mio libro I pessimisti non fanno fortuna. Io sono per il rispetto della scelta individuale. Rispetto tutti ma vorrei essere libero di scegliere se dovesse capitare a me di trovarmi in una certa situazione».
C’è un ampio fronte, ben rappresentato nel centrodestra, che è contrario.
«Tutte le posizioni sono rispettabili e le rispetto fino in fondo. Trovo però ipocrita da parte di qualcuno far finta che non esista nemmeno la sentenza della Consulta che autorizza il fine vita».
Lei ha detto che è «immorale» che la politica non faccia la sua parte.
«Sì, perché al di là di tanti bei discorsi di principio, c’è la vita che bussa alla nostra porta. Noi amministratori siamo chiamati a dare risposte ai cittadini, anche o soprattutto di fronte a situazioni così delicate. In Veneto dal 2019 sono state presentate sette richieste: cinque sono state rigettate e due accolte dai nostri comitati bioetici (una è stata portata a termine e l’altra è in attesa, ndr) . Si sono mossi con scrupolosità e rigore». […]