Ma non sono i calabresi ad aver dato 11 mila voti a Tallini.Semmai i calabresi hanno la colpa di non andare a votare, lasciando libero il campo agli apparati di partito e alle loro clientele,alle lobby che ingrassano sul saccheggio della spesa pubblica , alle fameliche bande di potere che si annidano nelle istituzioni e negli enti di nomina politica con le relative masse impiegatizie . Il resto lo fanno le famiglie mafiose con la complicità di quella zona grigia delle professioni e dell’imprenditoria che l’emerito procuratore di Reggio, Pignatone, ha spiegato essere il ventre molle della mediazione e dell’ infiltrazione mafiosa.
l caso Tallini non è che l’ulteriore conferma dell’influenza e del controllo politico-elettorale che l’antiStato esercita sulle istituzioni e sullo svolgimento delle consultazioni elettorali. Tallini è un politico navigato, siede nelle istituzioni elettive da quando militava nell’MSI, è stato consigliere comunale a Catanzaro per lunghi anni, costruendo la sua irresistibile ascesa verso la presidenza del consiglio regionale conquistata alla sua quarta legislatura. Nella foto Domenico Tallini )
La Calabria con i 515 contagi di oggi (ieri 506) risulta ora la regione italiana con il maggiore incremento percentuale dei casi, di poco inferiore al 40%, nella settimana dal 13 al 20 novembre. All’ultimo posto la Liguria con un incremento percentuale dei casi inferiore al 15% (vedere grafico della Fondazione Gimbe allegato).
Nonostante ciò si continua a sostenere che siamo in zona rossa solo per la carenza di posti letto.
Il numero dei ricoverati in terapia intensiva rimane stabile con 46 ricoverati (- 1 rispetto a ieri) e i ricoverati con sintomi aumentano di 20 unità.
Ciò anche per i 115 dimessi e per gli 11 deceduti, il numero più alto dal 15 ottobre.
Da sottolineare che i deceduti dal 15 ottobre sono oggi 109. In isolamento domiciliare ci sono 8906 persone (ieri 8536).
Non è solo un problema economico. Ma più ancora sanitario, politico, morale. Un’emergenza con cui l’Italia («Ma è la Calabria!», chiudono il discorso da decenni troppi leader allargando le braccia come dessero ogni partita per persa) non ha mai fatto davvero i conti. «La ’ndrangheta mette in fuga anche i medici. Otto posti da primario presso l’Unità sanitaria di Locri non si riescono a coprire per l’impossibilità di trovare docenti disposti a far parte delle commissioni»
Negli ospedali calabresi il problema di gran lunga più sentito riguarda il personale. In tutta la regione mancano medici, infermieri e personale sanitario. Fra tagli, pensionamenti e procedure rigidissime per le nuove assunzioni – imposte dai commissari per evitare nuovi indebitamenti e ogni sospetto di favoritismo – la quasi totalità delle strutture lavorava sotto organico già prima della pandemia, e oggi sono in condizioni ancora più difficili.
Le persone che lavorano nella sanità calabrese vivono con disincanto l’interesse nazionale per il nuovo commissario regionale, stuzzicato dal fatto che siano circolati nomi molto noti come quelli di Gino Strada e Guido Bertolaso. Nelle conversazioni sui risultati del piano di rientro e delle decine di figure indicate dal governo centrale negli ultimi undici anni, le facce e i nomi si confondono in un unico profilo: maschio, anziano, con una carriera nell’esercito alle spalle, il cui unico obiettivo è quello di risparmiare più soldi possibili per rispettare il piano di rientro, e che per timore di compromettersi o sembrare schierato si isola da tutte le altre componenti del sistema.
[Nella foto il lungomare di Reggio Calabria durante il primo giorno di “zona rossa” (Domenico Notaro/LaPresse)]
L’ipotesi di reato che la magistratura si è avviata ad accertare è di procurata pandemia, nel senso che si dovranno accertare le eventuali responsabilità personali nella mancata esecuzione delle direttive del governo nazionale e nella mancata osservanza del piano anti.covid trasmesso a giugno dalla struttura commissariale e rimasto sulla carta.Ma la conferma- se mai ce ne fosse stato bisogno- delle inadempienze della gestione commissariale viene ora dalla repentinità con cui , una volta che si è mossa la magistratura, si è proceduto all’assunzione di medici e infermieri, si sono trovati i posti letto, sono stati svuotati i prontosoccorso, si vanno costituendo le USCA, si è creato un numero telefonico cui rivolgersi (0984-853385) per ogni evenienza e la Protezione Civile ha disposto per gli ospedali da campo dell’esercito. Si è mossa la Regione, facendo ora quello che poteva fare molto prima.Rimane il problema degli ospedali chiusi che restano chiusi e non si comprende , vista l’emergenza, quali ragioni ostano a riaprirli almeno per la prima assistenza sui territori. (Nella foto la sub-commissaria Maria Crocco )
Nell’esposto-denuncia – proseguono i Segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Calabria – abbiamo segnalato come, in questo periodo di Pandemia, oltre ad errori e/o omissioni nella catena di comando e di controllo delle procedure e all’inefficienza organizzativa, si siano rilevati, tra i diversi soggetti attuatori del Piano Anti-Covid, numeri e dati discordanti sui posti letto in Terapia Intensiva, nei reparti, nei numeri dei tamponi effettuati e processati, nonché sull’assistenza domiciliare.
Nello specifico, ci siamo riferiti a quanto affermato nel Decreto del Commissario ad acta 18 giugno 2020 34/2020”, dove si legge che: “Si è proceduto a potenziare, per quanto possibile, i posti di letto in terapia intensiva e malattie infettive, con la riqualificazione di spazi disponibili o dismessi e con la contestuale riconversione di molti reparti, sia presso gli Hub che presso gli Spoke dislocati nelle cinque province. ( Nella foto Nicola Gratteri )
L’obiettivo che si nasconde dietro la “rivolta” bipartisan della politica calabrese, è un altro, il controllo della sanità pubblica. La vera Fiat della Calabria con un giro d’affari di 3,5 miliardi all’anno, il 75% del bilancio regionale, e 20mila dipendenti. Un bacino elettorale enorme. Ospedali e aziende sanitarie sono stati l’osso che per anni è stato spolpato da una vorace compagnia di politici, circoli massonici e ‘ndrangheta.
Sulle condizioni in cui versa da tempo l’ospedale di Cosenza esiste una copiosa pubblicistica, con dichiarazioni di medici, sindacalisti, alcuni esponenti politici non compromessi con i califfati della governance regionale ma c’è voluta la notizia, divulgata dagli organi di informazione, che la commissaria responsapile della gestione dell’Annunziata ha avuto, a giugno, dal governo centrale 2 milioni e 850 mila euro di risorse per predisporre…………….
Otto mesi per dare alla Calabria 6,solo 6, nuove postazioni di terapia intensiva.Alla regione più penalizzata negli investimenti fissi in sanità-15,9 euro pro-capite contro 84,4 pro-capite all’Emilia Romagna-che parte nella Pandemia dalla posizione più sfavorevole e dovrebbe quindi avere molto più degli altri.Non ci sono mezze misure.il ministro della Salute e il commissario devono dimettersi per le scelte fatte e per non aver vigilato….8 mesi 8 per dare alla Calabria 6,dico 6, nuove postazioni di terapia intensiva….Chi ha la responsabilità della politica sanitaria e della gestione dell’emergenza da meno di tutti, anzi non da niente perchè 6 è niente. Questo 6 della vergogna che rimarrà per sempre ha un nome e cognome: Roberto Speranza. Anzi ne ha due. Perchè il secondo nome è quello di Domenico Arcuri e viene prima del ministro. Che avrebbe dovuto vigilare su di lui….L’ineffabile coppia Speranza-Arcuri riesce a superarsi nominando l’amichetto politico di Cesena, Zuccatelli, che ha già fallito a Cosenza è sta fallendo a Catanzaro….
Il saccheggio delle risorse della sanità in Calabria è consustanziale alla vita stessa della regione Calabria; uno strumento formidabile di potere e di consenso e non sarà certo un caso che tutti i governatori, di ogni colore, facciano a sportellate con il governo nazionale da oltre 10 anni per riappropriarsi della gestione della vorace macchina sanitaria.
Siamo in emergenza e non c’è più tempo da perdere o prevedere lavori di ristrutturazione di ospedali se dovessero durare mesi.
Sarebbe bene attivare la protezione civile, l’esercito, le Ong. . .